LA QUESTIONE MORALE DEL MEDICO – 4.

di Silvano Tramonte*

La questione dei doveri del medico è fondamentale e codificata fin da tempi remoti. Il più antico documento deontologico è costituito dal giuramento d’Ippocrate, di cui abbiamo già parlato, sia nella versione originale e sia nella versione moderna. La deontologia medica vuole affermare non solo i compiti del medico e i doveri che gli competono ma anche la sua indipendenza da coercizioni o norme contrarie ai principi di libertà di coscienza nelle scelte, e al rapporto di fiducia medico-paziente. Tali principi deontologici sono arrivati pressoché intatti fino al secolo scorso, poi, senza parere, qualcosa ha cominciato a cambiare. Il secolo scorso è stato caratterizzato da incredibili progressi della medicina, della tecnologia applicata alla medicina, dell’informatica e della digitalizzazione, tutte discipline che hanno suscitato problematiche rilevanti e necessità di allineare le aumentate possibilità di intervento ai criteri morali esistenti, basti pensare alle problematiche derivate dalla possibilità di effettuare trapianti d’organo e dunque di giustificarne l’espianto e stabilirne il momento “moralmente accettabile”. Inoltre, non solo l’evoluzione della scienza propriamente connessa alla medicina ha determinato la necessità di aggiornamenti del codice deontologico ma anche lo sviluppo di scienze come la sociologia, psicologia, antropologia, storia, etnologia e financo l’economia, la quale, dovendo gestire situazioni sanitarie sempre più costose, ne ha, alla lunga, inevitabilmente stravolto la connotazione originaria trasformando la missione in un’impresa commerciale e aziendalizzando l’intero sistema. Non da ultimo, entrano nel conto tutte le rivoluzioni culturali che hanno determinati cambi fondamentali nei principi e nei valori della società trovando il loro massimo storico negli anni ’60. Ma prima ancora la filosofia, con correnti di pensiero come il positivismo e l’utilitarismo, ha gettato i semi delle rivoluzioni culturali e, di conserva, morali dei tempi successivi. La stabilità di un paternalismo medico durato secoli è stata, infine, demolita e sovvertita dall’arrivo del consenso informato che, ben lungi dal risolvere alcunché, ha contribuito alla dissoluzione dei sacri e canonici principi morali favorendo e determinando la nascita della medicina difensiva e di una moltitudine di nuove problematiche. Le successive e numerose riforme del SSN non hanno fatto altro che peggiorare le cose e condurre, alla fine, alla situazione odierna che, al di là di qualunque soggettiva valutazione, è sotto gli occhi di tutti e non ha prodotto che danni. Fatto questo breve e doveroso prologo, iniziamo a vedere gli articoli più importanti del codice di deontologia medica sotto il profilo puramente etico, tralasciando quelli a carattere regolamentale e amministrativo.

Art. 3 Doveri del medico

 Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona.

Commento (a cura dell’Ordine): La scelta di sostituire al termine “compito” quello, decisamente più incisivo, di “dovere” nell’ambito delle affermazioni a carattere quasi universale, che l’articolo stesso contiene, è stata unanime, voluta al fine di puntualizzare il rapporto imprescindibile che deve esistere tra il medico e la persona. Questo articolo, in cui vengono sottolineati valori fondamentali e principi etici universali, vuole rivestire per il professionista una sorta di guida in riferimento a situazioni in cui l’affermazione di una propria regola comportamentale può arrivare a porsi in diretto contrasto con la normativa statale vigente.

Quest’ultimo punto è di estremo rilievo poiché sancisce la supremazia dei principi esposti nell’articolo 3 financo rispetto alla normativa statale vigente. Tradotto in parole povere il medico è tenuto a contravvenire alla legge pur di rispettare questo articolo, cui si riconosce un valore superiore a quello attribuito alla legge, e che rappresenta il massimo scudo di protezione per il paziente. D’altra parte non può essere diversamente: il paziente mette la propria vita nelle mani del medico, si affida totalmente a lui e ciò è possibile solo ad una condizione, che sia sicuro che il medico sia disposto a tutto per rispettare la consegna etica. È una missione che richiede un altissimo senso dell’onore, del sacrifico e del dovere.

Una missione che la maggior parte dei medici ha tradito pur anche combattendo disperatamente in corsia durante il primo attacco di Sars Cov 2 e ammalandosi e morendo ma non ponendosi in contrasto con la normativa statale vigente che impediva loro di curare come si sarebbe dovuto se si fossero fatte fin da subito le autopsie e si fossero adottate le terapie adeguate.

Se i medici si fossero attenuti al codice e avessero rispettato questo articolo fin dall’inizio, tutta la farsa pandemica non sarebbe andata in scena. Invece si lasciarono i pazienti ad aggravare nelle proprie case senza essere visitati e senza essere curati, abbandonati a sé stessi, alle proprie paure e al proprio dolore.

Se l’imperativo è quello di operare in scienza e coscienza, questo imperativo è stato mancato accettando supinamente linee guida che contro quella scienza e contro quella coscienza decisamente andavano.

È stato mancato dai medici di medicina generale che hanno accettato acriticamente, contro la propria scienza e la propria coscienza, di non visitare il paziente a domicilio e di non curarlo ma somministrargli un farmaco inadeguato e casomai favorente la malattia. È stato poi mancato dai medici vaccinatori che hanno vaccinato trasgredendo un numero infinito di articoli di questo codice, e lo vedremo in seguito. È stato mancato dai medici di medicina generale che hanno accettato supinamente il dictat di non esonerare nessuno dal vaccino e di non valutare indicazioni, controindicazioni e rischio di complicanze. È stato mancato dai medici specialisti ospedalieri che hanno accettato di fare diagnosi imposte dall’alto, non compilare le cartelle cliniche come si sarebbe dovuto, e, infine, omettendo diagnosi e trattamenti corretti e accettando di consigliare la vaccinazione a tutti, nessuno escluso, con un farmaco carente di tutti i presupposti di efficacia e sicurezza oltre che sperimentale e sconosciuto nelle sue caratteristiche. Medici che hanno accettato di vaccinare i guariti contro ogni evidenza immunologica, medici che hanno consigliato tale farmaco alle donne in gravidanza e ai bambini di tutte le età contro le stesse avvertenze del produttore. Ma i medici sono stati a ciò indotti anche dalle posizioni assunte dagli Ordini, dalle Società Scientifiche, dal Comitato di Bioetica, dai pareri di autorevoli personaggi pubblici. In una improvvisa quanto inspiegabile psicosi collettiva hanno dimenticato la propria scienza ed esperienza e smarrito la propria coscienza fino al punto, tragico e drammatico insieme, di vaccinare i propri figli che, se depone per la loro buona fede, non facilita la comprensione del fenomeno. Ci si chiede infatti come sia stato possibile che la maggior parte dei medici, in tutto il mondo, si siano sbagliati tanto, sia sul piano professionale e sia, soprattutto, su quello morale.

In sostanza e in conclusione, l’articolo 3 obbligava tutti i medici ad occuparsi generosamente e totalmente dei propri pazienti, riaffermando la propria indipendenza e autonomia, senza alcuna discriminazione come invece poi si è fatto discriminando ferocemente i non vaccinati e invocando addirittura contro di essi ogni genere di ritorsione e punizione. I medici, in forza di questo articolo cui sono legati da un giuramento d’onore, avrebbero semplicemente dovuto disattendere decreti e linee guida e istruzioni ministeriali e, senza badare affatto ad imposizioni governative di alcun tipo e contrarie al dettato deontologico, mantenere il proprio impegno etico col paziente.

-Continua-

Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS*


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