CHI HA PAURA DEL MONKEYPOX? Se lo conosci lo eviti e non lo temi.

di Silvano Tramonte*

In un bell’articolo sul Giornale d’Italia, del 2 settembre 2024, il dott. Giuseppe Barbaro si affanna a spiegare, in una intervista fattagli da Ivan Vito, perché non dobbiamo preoccuparci del monkeypox. Ma prima di leggerlo, vediamo un poco di cosa stiamo parlando:

“Il monkeypox è il vaiolo delle scimmie, non è un virus nuovo ma è noto dal 1970 ed è endemico in talune regioni africane (Congo). Nonostante il nome, i primati non umani non sono un serbatoio del virus. Storicamente, la malattia umana era limitata principalmente a casi sporadici ed epidemie occasionali, soprattutto in Africa. La maggior parte dei casi segnalati si è verificata nella Repubblica Democratica del Congo. Dal 2016, casi confermati sono stati segnalati anche in Sierra Leone, Liberia, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo e Nigeria. Si ritiene che un importantissimo aumento dell’incidenza in Africa dal 2000 sia dovuto alla cessazione della vaccinazione contro il vaiolo nel 1980; le persone che sono state vaccinate contro il vaiolo, anche oltre 25 anni prima, hanno un rischio ridotto di infezione dall’mpox. I casi di mpox stanno aumentando anche in Africa perché le persone invadono sempre più gli habitat degli animali portatori del virus.

Prima del 2022, i casi al di fuori dell’Africa erano direttamente collegati a viaggi nell’Africa occidentale e centrale o a animali importati dalla regione. Un’epidemia notevole di mpox si è verificata negli Stati Uniti, nel 2003, quando dei roditori infetti provenienti dall’Africa, importati come animali da compagnia, diffusero il virus ai cani della prateria domestici, che in seguito contagiarono soggetti umani nel Midwest. L’epidemia coinvolse 37 casi confermati e 10 probabili in 6 stati, ma non ci furono decessi.

Dal maggio 2022, casi di mpox sono stati segnalati in circa 70 paesi in cui la malattia non è endemica. È stata dimostrata una trasmissione continua da persona a persona al di fuori dell’Africa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia di mpox del 2022 un’emergenza di salute pubblica di interesse internazionale (vedi WHO: Monkeypox Outbreak 2022). La maggior parte dei casi confermati nei paesi non endemici lo è stata in Europa e Nord America (vedi Centers for Disease Control and Prevention [CDC]: 2022 Mpox Outbreak Global Map). Oltre 30 000 casi sono stati segnalati negli Stati Uniti a partire dal marzo 2023 (vedi CDC: 2022 US Map & Case Count). Il numero di nuovi casi è drasticamente diminuito dal picco nell’agosto 2022. Tutti i casi associati con l’epidemia globale del 2022 sono causati dal ceppo dell’Africa occidentale (il meno pericoloso, NDA). I casi sono stati segnalati principalmente in uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, ma l’mpox deve essere considerato in chiunque si presenti con un’eruzione cutanea compatibile con l’mpox.

Nel caso della trasmissione dall’animale all’uomo, l’mpox è probabilmente trasmesso attraverso liquidi corporei, tra cui goccioline salivari o respiratorie o contatto con l’essudato della ferita. Ciò può avvenire attraverso morsi o graffi da un animale o attraverso la preparazione e il consumo di carne animale infetta.

La trasmissione da persona a persona avviene attraverso uno stretto contatto prolungato. Le vie di trasmissione comprendono le goccioline respiratorie in caso di un prolungato contatto fisico faccia a faccia o intimo, il contatto diretto con lesioni infettive o altri liquidi corporei, e i fomiti attraverso il contatto con indumenti o lenzuola contaminate da croste o liquidi corporei. La trasmissione materno-fetale può avvenire attraverso la placenta. Al momento non è noto se la trasmissione possa avvenire attraverso lo sperma o i liquidi vaginali. Nell’epidemia del 2022, molti casi appaiono dovuti alla trasmissione durante incontri sessuali o intimi, ma questo è probabilmente dovuto al contatto diretto con lesioni infettive o secrezioni respiratorie.

Il periodo di incubazione è di 1-2 settimane, ma può durare fino a 3 settimane. Le persone sono infettive dal momento in cui i sintomi iniziano fino a quando tutte le lesioni si sono incrostate e le croste sono cadute per rivelare una pelle sana. Questo in genere richiede da 2 a 4 settimane.

Basandosi su uno studio della trasmissione condotto in Africa, il tasso complessivo di contagi secondari in seguito a contatto con una fonte umana nota è del 3%, e fino al 50% di essi sono stati segnalati in soggetti che vivono o sono venuti a stretto contatto con una persona infetta dall’mpox (4). La trasmissione in ambiente ospedaliero è stata documentata in un contesto endemico. È stato segnalato un caso di trasmissione a un operatore sanitario (5). Il tasso di mortalità dei casi è ≤ 10% con il ceppo del bacino del Congo, ma è < 1% con il ceppo dell’Africa occidentale.” https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-infettive/pox-virus/mpox-monkeypox

 Dunque, un virus a bassa trasmissibilità e poco letale. Ci si contagia difficilmente e chi si ammala ha un sola possibilità su cento di morirne, se non viene curato, ovviamente. Non mi sembra ci sia da spaventarsi. La prevenzione si fa efficacemente con la vaccinazione antivaiolosa. Il vaccino è ancora prodotto e disponibile sul mercato. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2022-08-24/vaiolo-scimmie-arrivo-nuove-dosi-vaccino-istruzioni-ministero-la-somministrazione-085341.php?uuid=AEC31GvB

Ora che abbiamo diradato le nebbie sul monkeypox vediamo cosa dice il dott. Barbaro, dirigente medico ospedaliero specialista in medicina interna e in cardiologia, responsabile del Servizio di Cardiologia ed Ecocardiografia presso un importante ospedale di Roma. Barbaro è stato intervistato da Il Giornale d’Italia per parlare della recente decisione dell’Oms di dichiarare l’emergenza sanitaria globale in relazione al vaiolo delle scimmie, e sul relativo allarmismo del tutto ingiustificato dato che,

sia in termini epidemiologici e sia clinici, i casi diagnosticati come vaiolo delle scimmie (mpox) necessitano di un’accurata diagnosi differenziale con altre patologie e soprattutto con l’infezione da herpes virus (VZV – varicella, herpes zoster) la cui incidenza è significativamente incrementata dopo l’introduzione dei profarmaci genici anti Covid-19 che hanno, tra i molti effetti avversi, quello di slatentizzare anche i virus presenti nell’organismo attraverso un meccanismo combinato di immunodepressione e slatentizzazione che producono riattivazione di infezioni erpetiche, incluso il VZV.

Con il ripetersi delle dosi di richiamo, si osserva una progressiva compromissione del sistema immunitario ed a un progressivo incremento dei casi di VZV acuiti da una tipica patologia di accompagnamento del farmaco genico: la neuropatia delle piccole fibre, che colpisce circa il 40% dei soggetti trattati.

“Come detto in precedenza, il profarmaco genico anti Covid-19 si associa, specialmente dopo tre dosi, ad una alterazione del sistema immunitario valutabile mediante il pannello MIT. Tali alterazioni, specialmente in soggetti di giovane età, si riscontra, secondo la mia personale esperienza clinica, in circa il 75% dei casi. In tali casi, si può rilevare una riduzione di alcune sottopopolazioni linfocitarie, del rapporto CD4/CD8 e degli NK. Nello stesso pannello, la sierologia per herpes virus può dimostrare la riattivazione di alcune infezioni con alto titolo delle IgG specifiche (ad es, EBV e CMV, virus cardiotropi che possono associarsi a casi di miopericardite), incluso il VZV. Non vi è attualmente nessun allarme epidemiologico riguardante l’mpox; sarebbe auspicabile, da parte della classe medica, una maggiore attenzione nella valutazione dello status immunologico dei soggetti che hanno ricevuto il profarmaco genico, al fine di formulare una diagnosi corretta effettuando follow-up sistematici. La clinica è chiara e, nella sua concezione empirica, deve essere aperta al confronto nell’interesse del paziente e non essere strumento per applicare la strategia della paura al servizio dell’ideologia dogmatica”.

“La espressione clinica del VZV e dell’mpox è molto simile e una sierologia specifica per VZV (con incremento significativo delle IgG specifiche) insieme con una corretta diagnosi differenziale con l’mpox la cui diagnosi specifica richiede la identificazione, mediante PCR del DNA specifico del poxvirus e tale metodica non è disponibile nella maggior parte degli ospedali (ad eccezione di quelli ad alta specializzazione per le malattie infettive). L’associazione tra VZV e vaccinazione a mRNA contro il Covid-19 è stata dimostrata con la identificazione della spike vaccinale, mediante esame immunoistochinico, all’interno delle vescicole erpetiche (v. Yamamoto et al. , J. Cutan Immunol Allergy, 2022) ed era ben nota, anche prima della pandemia, la possibile riattivazione di infezioni erpetiche successiva a vaccinazione (v. Kost et al, NEJM 1996)”

 Vi è da aggiungere che mpox è endemico in alcuni paesi africani (es. Congo), interessa particolari categorie di soggetti a rischio (sex workers) e, indipendentemente dalla vaccinazione, l’infezione è favorita dalla vulnerabilità immunologica associata alla denutrizione/malnutrizione. In tali contesti epidemiologici, VZV e mpox sono spesso associati (v. McNeil et al, CID,2009) e vi è un’associazione con l’HIV-1 fino al 60% dei casi (v. Bhunu et al, Appl.Math. Comput, 2012).”

Detto, o meglio, letto questo, se è vero che a pensar male si fa peccato è anche vero, però, che, spesso, a pensar male ci si azzecca e allora mi permetto di avanzare una ipotesi né peregrina ma nemmeno troppo fantasiosa: non è che, per caso, qui si sta tentando di prendere alcuni piccioni con una fava sola? Primo piccione: spargere il terrore per mantenere il controllo, spingere le vaccinazioni e le segregazioni. Secondo piccione: tirare l’ennesima volata a bigpharma. Terzo piccione: distogliere l’attenzione dagli effetti avversi del profarmaco genico, slatentizzazione del VZV, a una nuova pandemia, spacciando tali effetti avversi come infezione da vaiolo delle scimmie giocando sulle similitudini cliniche delle due affezioni. Cioè, si tace la verità sugli effetti avversi del profarmaco, negandola contro ogni evidenza, ma dato che tali effetti avversi ci sono e non si può dire che non ci sono perché sono evidenti, allora si arriva a tentare di costruire una situazione in cui si potrà dire che è il nuovo virus, la nuova pandemia, a causare i danni del vecchio vaccino senza doverli riconoscere come tali. Mica male no?!

Medico chirurgo e Vicepresidente EUNOMIS*


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