Guida alla conoscenza dei valori morali che trasformano la professione del medico in una missione.
di Silvano Tramonte*
La prima puntata si concludeva con la discussione dell’antico Giuramento di Ippocrate, ora vi voglio parlare del Giuramento d’Ippocrate dei giorni nostri. Nel sottotitolo affermo che questa vuole essere una guida alla conoscenza dei valori morali che trasformano la professione medica in una missione, e lo faccio senza cadere in iperboli di alcun tipo. La professione medica ha un così alto senso morale, o dovrebbe averlo, che non può essere considerata meno di una missione: per fare il medico ci vuole una tempra morale che pochi hanno e senza la quale non si potrebbero accettare né sopportare i sacrifici che tale missione richiede. Oggi, invece, la professione medica si è voluta trasformare in una attività aziendale, in cui entrano valori che ne rappresentano le peggiori deviazioni, perversioni, tumori tanto invasivi quanto mortali. Questi valori, tipici del mercato, del marketing, della promozione, della competizione aziendale, della difesa legale che genera medicina difensiva, della contrattualità, del rendimento economico, della produttività che introduce uno spaventoso rischio di overtreatment, sono in totale antitesi coi valori tradizionali del medico, tra i quali ricordo solo l’imperativo di anteporre l’interesse del paziente al proprio. Se io devo comportarmi secondo tale regola, quasi monastica, come posso considerare la mia attività come un’azienda? Se il sistema mi obbliga ad essere economicamente molto redditizio, perché fare il medico è economicamente molto oneroso, come posso mettere in pratica la regola morale? In un sistema spaventosamente competitivo come quello in cui ci muoviamo anche un’attività commerciale pura non riesce più a conformarsi a quella che una volta era definita l’etica professionale, figurarsi come può farlo davvero il medico senza contravvenire o, addirittura abbandonare, il suo codice morale che è tanto più impegnativo quanto più il paziente e la società stessa hanno bisogno di lui. La sanità è attività meritoria e non può essere in mano al business, non può rispondere ad esigenze e logiche aziendali, non può produrre reddito se non quanto basti al medico per condurre una vita decorosa e alla struttura di garantire l’impiego di mezzi moderni e di qualità ma senza che questo diventi il fine. Per questo lo Stato dovrebbe sovvenzionare in quota variabile le sue necessità. Invece lo Stato ha messo in disarmo la Sanità pubblica abbandonandola agli investitori e accettando che divenisse un affare. Fatta questa premessa e prima di passare ad analizzare il codice deontologico, vediamo cosa dice il Giuramento d’Ippocrate moderno:
GIURO:
- “di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento”;
COMMENTO: Quando i medici, all’inizio della pandemia, hanno deciso di accogliere le raccomandazioni ministeriali che chiedevano loro di non curare i pazienti a domicilio, di non andare a visitarli, di non eseguire le autopsie per capire perché la gente moriva, e poi, all’inizio della campagna vaccinale, di rinunciare ai presupposti fondamentali dell’atto medico che sono colloquio, anamnesi, diagnosi, terapia e prognosi sia nella veste di medici vaccinatori e sia nella veste di medici di famiglia o specialisti che avrebbero dovuto compilare una prescrizione dopo aver accertato le condizioni del proprio paziente, o stilare un certificato di esonero; ebbene, i medici non hanno affatto mantenuto l’impegno di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento. Hanno giurato di farlo ma poi hanno tradito quel giuramento e si sono fatti condizionare dal potere politico, dal potere burocratico e amministrativo, e da quello giudiziario ricorrendo alla più abbietta e perversa tra le medicine difensive.
- “di perseguire la difesa della vita, fisica e psichica dell’uomo, e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale”;
COMMENTO: Se i medici, a parte i pochi che si sono battuti fino allo stremo, avessero perseguito la difesa della vita, fisica e psichica dell’uomo oggi non dovremmo osservare tanti morti improvvise, tanti effetti avversi, e, soprattutto, temere per l’integrità genetica di chi è stato inoculato. Perseguire tale difesa avrebbe dovuto significare rifiutarsi di somministrare una terapia sconosciuta, di cui nulla si sa e di cui non si conoscono gli effetti e di cui non si conoscono farmacodinamica1 e farmacocinetica2, interazione farmacologiche né si conosce efficacia o sicurezza. Ma soprattutto sapendo che invece di anni erano stati messi a punto in mesi e cioè senza darsi il tempo di studiarne gli effetti sull’uomo, cosa che richiede, appunto, anni e grandi numeri.
1 – Farmacodinamica studia il modo d’interagire col suo bersaglio
2 – Farmacocinetica, studia gli eventi cui è sottoposto un farmaco quando penetra nell’organismo.
- “di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario”;
COMMENTO: Lo sappiamo per certo, i medici si sono dapprima rifiutati di curare i malati di covid, lasciandoli a casa in balia dell’antipiretico e del virus aspettando di vederli guarire con le proprie forze o peggiorare al punto da dover essere ricoverati in ospedale in condizioni ormai critiche. Quando poi sono arrivati i sedicenti vaccini, oltre a mantenere il rifiuto di visitare i malati a domicilio e curarli hanno cominciato a discriminare i pazienti tra vaccinati e non vaccinati tradendo questo punto non una sola volta ma addirittura due!
- “di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico”;
COMMENTO: Vaccinare indiscriminatamente tutti, senza considerarne affatto le condizioni oggettive e le eventuali, inevitabili, controindicazioni tra cui l’indiscutibile immunità pregressa non è forse accanimento terapeutico? Vaccinare i guariti non è accanimento terapeutico? In tale comportamento sono incorsi non solo i vaccinatori ma anche tutti coloro che ne sono stati complici spingendo i propri pazienti dal medico vaccinatore.
- “di promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l’arte medica”;
COMMENTO: Il medico ha respinto con forza il concetto stesso di alleanza terapeutica, non ha cercato di informare correttamente, non ha cercato di conquistare la fiducia del paziente anzi, gli ha mentito sulla natura del farmaco, gli ha mentito sugli effetti, l’ha spaventato e l’ha convinto a farsi inoculare il farmaco falsificando i dati, mentendo e ostentando certezze e sicurezze che non possedeva invocando a testimone la scienza ben sapendo che la scienza medica vera non avrebbe mai avvallato tale comportamento. A nessuno di coloro che sono stati inoculati è stato chiarito che si stava procedendo alla somministrazione di un farmaco genico sperimentale.
- “di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione e di rispettare i Colleghi anche in caso di contrasto di opinioni”;
COMMENTO: Francamente non credo che il decoro professionale possa essere sostenuto manipolando e mentendo, tradendo il Giuramento come abbiamo visto, escogitando i più perversi meccanismi di manipolazione psicologica per convincere la gente ad assumere il farmaco genico sperimentale e ricorrendo ad ogni genere di violenza e di ricatto fino ad arrivare a sospendere i colleghi e a privarli del lavoro! Ma quale immagine di decoro professionale hanno potuto offrire i tre virologi mediatici che si sono prestati alla vergogna della canzoncina natalizia dello spot pubblicitario? E vorrei anche sapere di quale genere di rispetto hanno potuto godere i colleghi che non erano in linea con le opinioni della maggioranza e che, per colmo d’ironia, avevano pure ragione?
- “di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione”.
COMMENTO: In scienza e coscienza vuol dire secondo i dettami della scienza acquisita, delle certezze acquisite e delle sicurezze acquisite e non delle incerte conquiste tecnologiche di cui poco o nulla si sa e secondo i dettami di quella coscienza che sola è capace di intendere cosa sia il bene e cosa il male. Diligenza significa scrupolosamente, con attenzione e nel modo giusto e il modo giusto è quello sperimentato non la novità sconosciuta. Diligenza è anche segnalare attivamente gli eventi avversi, preoccuparsi di quello che si sta facendo e operare comunque per il meglio secondo la propria coscienza non secondo le cogenti raccomandazioni ricevute. Cogenti perché dotate di un’autorità morale importante e risalente alle massime cariche dello stato ma tuttavia non degne di autorità in tema di medicina. Perizia significa capacità, abilità, il sapere medico. Quel sapere che avrebbe dovuto sostenere il medico nell’assunzione delle buone pratiche appoggiate su solide basi e non su avventizi entusiasmi e ottimismi sostenuti da conquiste di mezzi tecnologici i cui esiti sono tuttora piuttosto misteriosi. Prudenza, quella che avrebbe dovuto sconsigliare l’utilizzo di un farmaco potenzialmente nocivo perché sconosciuto in omaggio al tradizionale principio di massima precauzione: primum non nocere (innanzitutto non fare danno) et in dubio abstine (e nel dubbio, astieniti)! Infine, ed è un punto assai importante, si afferma: “… osservando quelle (norme) giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione”. Dunque, se per caso fossero in contrasto, il medico è tenuto a non rispettarle essendo gerarchicamente inferiori a quelle deontologiche proprie della professione medica. Essendo gli scopi della professione quelli di tutelare la salute del paziente prima e al di sopra di ogni altra cosa.
Continua.
Medico chirurgo e consigliere del Direttivo EUNOMIS*