MIOPERICARDITI POSTVACCINALI, UNA QUERELLE TUTTORA IN DISCUSSIONE. Ma, di fatto, risolta.

Silvano Tramonte*

La prestigiosa rivista JAMA ospita uno studio francese che confronta la gravità e gli esiti a 18 mesi delle miocarditi post-vaccino covid, post-covid e da altre cause. Lo studio, il cui titolo in italiano è “Prognosi a lungo termine dei pazienti con miocardite attribuita alla vaccinazione mRNA COVID-19, all’infezione da SARS-CoV-2 o alle eziologie convenzionali” parrebbe alleggerire la posizione dei vaccini circa la loro responsabilità di causare miopericarditi anche gravi riconosciuta in altri studi e sostenere, in un certo senso, la tesi delle miocarditi benigne di burioniana memoria.

Lo studio https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2822933 si presenta come uno studio di coorte. È bene chiarire che gli studi di coorte sono una forma di studio longitudinale (un tipo di studio osservazionale dunque non tra i più autorevoli) usato nella medicina, nelle scienze sociali, scienze attuariali e in ecologia. Consiste in un’analisi dei fattori di rischio, segue un campione di persone prive di malattia e usa correlazioni per determinare il rischio assoluto per un soggetto di contrarne.

Una coorte è un gruppo di persone piuttosto eterogeneo che condividono una caratteristica o un’esperienza in comune all’interno di un periodo definito (per esempio dalla nascita, o durante l’esposizione ad un farmaco o ad un inquinante, o in seguito alla somministrazione di un vaccino, o mentre vengono sottoposti a determinate procedure mediche). In questo studio i gruppi di coorte sono due: il gruppo di vaccinati contro la covid19 e il gruppo di coloro che hanno contratto la covid19. Il gruppo di controllo, invece, è costituito da tutti coloro che hanno avuto miopericarditi per qualunque altra causa eccetto la malattia stessa e il suo vaccino.

In medicina, uno studio di coorte è spesso condotto per ottenere una prova per rifiutare l’esistenza di una sospetta associazione fra causa ed effetto; il fallimento nel rifiutare un’ipotesi rafforza la confidenza in essa. Gli studi di coorte prospettica (longitudinale) fra l’esposizione e la malattia danno un forte aiuto nell’analizzare le associazioni causali, sebbene distinguere la vera causa di solito richiede un’ulteriore conferma da altri procedimenti sperimentali.

Le conclusioni principali dello studio in questione sono che le miocarditi post-vaccino covid sono meno gravi in termini di necessità di riospedalizzazione, complicanze cardiovascolari e mortalità per qualsiasi causa.

Dunque i pazienti con miocardite post-vaccinazione mRNA COVID-19, contrariamente ai pazienti con miocardite post-COVID-19, hanno una frequenza inferiore di complicazioni cardiovascolari rispetto a quelli con miocardite convenzionale a 18 mesi. Tuttavia, i pazienti colpiti, principalmente uomini giovani sani, potrebbero richiedere la gestione medica della malattia fino a diversi mesi dopo la dimissione dall’ospedale. Questo è un aspetto che andrebbe considerato con attenzione: vuol dire che nei vaccinati c’è una tendenza alla cronicizzazione? Che succede dopo l’anno e mezzo di osservazione?

Lo studio di coorte nazionale include 4635 pazienti ricoverati in ospedale per miocardite in Francia durante i primi 1,5 anni dopo la vaccinazione contro il COVID-19, rileva che: 558 individui con miocardite post-vaccino hanno avuto eventi cardiovascolari meno gravi rispetto a quelli con miocardite di altre origini a 18 mesi di follow-up. Tuttavia, i pazienti interessati, principalmente giovani uomini sani, potrebbero richiedere una gestione medica fino a diversi mesi dopo la dimissione dall’ospedale. Quest’affermazione mi appare grave, per la sua imprecisione per la sua indeterminatezza e per assenza di ulteriore investigazione. Significa certamente qualcosa e la cosa più facile da pensare è che gli effetti immediati della vaccinazione sul cuore siano meno gravi di quelli della malattia covid19 ma che alla lunga i danni sia più gravi per i vaccinati rispetto ai malati di covid19. E io direi che questa è cosa che bisognerebbe chiarire, definire e accertare.

Sebbene, dunque, i pazienti con miocardite dopo la vaccinazione mRNA contro il COVID-19 sembrino avere una buona prognosi in prossimità della dimissione dall’ospedale, la loro prognosi a lungo termine e la loro gestione rimangono sconosciute. Il che, francamente, mi pare grave e ribalta, in un certo senso, la conclusione dello studio, che tende ad assimilare le miopericarditi post vaccinali a quelle post covid 19 attenuando la preoccupazione per le miopericarditi post vaccinali. Benché l’aura di intoccabilità dei vaccini covid19 stia cedendo, non si può scrivere tutto né scriverlo troppo chiaramente. Bisogna saper leggere questi studi. E bisogna saperli leggere da clinico, non solo da epidemiologo.

Vediamo questa affermazione tratta dallo studio: “La frequenza standardizzata delle procedure mediche e dei farmaci prescritti nei pazienti con miocardite post-vaccino o miocardite post-COVID-19 ha seguito un andamento simile nei 18 mesi successivi alla dimissione ospedaliera a quello dei pazienti con miocardite convenzionale.” Potrebbe apparire tranquillizzante, infatti, se non fossimo in grado di considerare le cose come abbiamo visto poco sopra. Che succede dopo i 18 mesi considerati?

A questa domanda lo studio risponde così: “Conclusioni e rilevanza   I pazienti con miocardite post-vaccinazione mRNA COVID-19, contrariamente a quelli con miocardite post-COVID-19, mostrano una frequenza inferiore di complicazioni cardiovascolari rispetto a quelli con miocardite convenzionale a 18 mesi. Tuttavia, i pazienti colpiti, principalmente uomini giovani sani, possono richiedere una gestione medica fino a diversi mesi dopo la dimissione dall’ospedale.”. Rilevante assai il concetto espresso di uomini giovani e sani. Uomini cioè che se non fossero stati vaccinati non avrebbero sviluppato miopericarditi, e 558 su 4635 risulta essere più del 10%, esattamente il 12%. Il che non solo non è affatto poco ma è una frequenza elevatissima per un evento non certo di poco conto: una miopericardite infatti lascia esiti perenni che predispongono a complicanze tardive o altre patologie gravi a carico del cuore.

Ma andiamo avanti. Riguardo ai metodi impiegati si scopre che le miocarditi post-covid sono definite come quelle che si verificano entro trenta giorni dal covid in non vaccinati mentre quelle post-vaccino solo quelle che si verificano entro sette giorni dal vaccino. Quando poi, in un impeto di onestà intellettuale, questa discrepanza viene risolta, sebbene quasi en passant, qualsiasi differenza scompare, come si nota nella Tabella supplementare e4.

Ora però, torniamo ai numeri di base dello studio: In totale, 4635 individui sono stati ricoverati in ospedale per miocardite: 558 con miocardite post-vaccino, 298 con miocardite post-COVID-19 e 3779 con miocardite convenzionale. Questo ci consente anche di verificare che la frequenza con cui appaiono le miopericarditi è sensibilmente differente tra vaccinati e malati di covid. Difatti 558 su 4635 costituisce il 12% mentre 298 circa il 6,5%. Certamente, queste percentuali soffrono di una notevole imprecisione in quanto non sappiamo quanti fossero i vaccinati e i non vaccinati di quei 4635 individui ma sappiamo che la percentuale di vaccinazione è stata ovunque in Europa piuttosto alta, il che potrebbe far apparire piuttosto sfavorevole la posizione dei non vaccinati rispetto alla miopericardite però, ragionando su queste cifre, salta all’occhio un problema. Se, cioè, come afferma lo studio, il gruppo dei malati di covid non era vaccinato, i 3779 pazienti con miocardite convenzionale dovrebbe essere né malati di covid 19 e nemmeno vaccinati. E i numeri non tornano. Tornerebbero solo se i malati di miocardite post covid 19 fossero anche vaccinati ma allora perché non sono stati inseriti nel gruppo dei vaccinati? Forse perché erano a più di 30 giorni dalla vaccinazione? Risulta che in Francia la percentuale di vaccinati sia di oltre l’80%. Dunque, l’80% di 4635 è 3708 che sarebbe quasi il totale delle miopericarditi per altre cause. I conti non tornano…

Infine gli autori stessi discutono i limiti del proprio studio: “Questo studio presenta anche diverse limitazioni. Innanzitutto, si è concentrato sui casi di miocardite che richiedono il ricovero ospedaliero. I pazienti che non hanno cercato assistenza medica per una malattia acuta, come un semplice dolore al petto, non sono stati inclusi. A causa della particolare attenzione prestata a questo evento avverso sin dalla pandemia di COVID-19, è anche possibile un bias di sovra diagnosi, in particolare quando si sospetta una miocardite post-vaccino o post-COVID-19, che porta al ricovero ospedaliero di pazienti con casi meno gravi. In secondo luogo, potrebbe essersi verificata la potenziale classificazione errata della miocardite. La miocardite indotta dal vaccino è stata definita come ricovero ospedaliero per miocardite entro 7 giorni dalla vaccinazione con un vaccino mRNA. In uno studio precedente di Le Vu et al, sono state trovate 3 associazioni tra il rischio di miocardite e la vaccinazione, raggiungendo un rischio 30 volte superiore per la seconda dose del vaccino mRNA-1273 e un rischio 8 volte superiore per la seconda dose del vaccino BNT162b2. Inoltre, sebbene alcuni studi abbiano definito la miocardite post-vaccino come ospedalizzazione per miocardite entro 21 giorni dalla vaccinazione con un vaccino mRNA, lo studio non ha trovato alcuna associazione tra la vaccinazione con il vaccino BNT162b2 o mRNA-1273 e un rischio di miocardite negli 8-21 giorni successivi alla vaccinazione. 3 Quando si ripete l’analisi principale con una definizione meno restrittiva di miocardite post-vaccino (vale a dire, vaccino mRNA entro i 30 giorni precedenti), è stato osservato un wHR più elevato per la miocardite post-vaccino, il che suggerisce una definizione meno specifica di questo gruppo. In terzo luogo, l’effetto della pandemia di COVID-19 potrebbe aver avuto un impatto sulla costituzione del gruppo di miocardite convenzionale. Tuttavia, sono stati ottenuti risultati simili indipendentemente dal fatto che il gruppo target fosse miocardite convenzionale o miocardite storica. In quarto luogo, è stata eseguita la standardizzazione sulle caratteristiche osservate nel gruppo di miocardite convenzionale, ma i gruppi potrebbero comunque differire in base a caratteristiche non misurate. In quinto luogo, sebbene fossero disponibili informazioni sulla frequenza delle procedure mediche eseguite nel tempo, non erano disponibili i risultati di questi esami nei database, che avrebbero fornito maggiori informazioni sull’evoluzione della gravità clinica della miocardite.”

Infine, questi studi sono gravati da una pregiudiziale importante: la riluttanza a una diagnosi che getti discredito sui vaccini e che solleva la necessità di una domanda: quante di quelle miopericarditi sono finite nel gruppo delle convenzionali per questa ragione?

Conclusioni. Ora, dopo tutto quanto visto e discusso, che tipo di conclusioni possiamo trarre dall’analisi di questo studio? La più importante, forse, è che gli studi vanno letti molto bene, e bisogna saperlo fare, per capirne, e apprezzarne il vero valore e significato.

La seconda è che i vaccini, per quanto riguarda le miopericarditi, non ne escono bene, comunque, come del resto già si sapeva da altri studi.

Una terza conclusione è che quei ricercatori decidono di considerare analisi principale quella con intervallo post-vaccino a sette giorni. Non solo arbitrario ma incoerente con la cinetica del vaccino medesimo, che anche negli studi più “prudenti” almeno 2-3 settimane circola. E ci sono studi più che credibili che lo documentano a mesi di distanza dal vaccino. Ma gli autori lo hanno fatto solo nell’analisi di sensibilità.

Una quarta conclusione è che al di là di tutto quello che si può dire, e che abbiamo detto, su questo studio i suoi risultati, di fatto, confermano quello che tanti altri studi già indicano e che da sempre diciamo: sostenere che le miocarditi da vaccino covid siano clinicamente benigne è una emerita scemenza. Non esistono miocarditi benigne. Chiunque lo sostenga può farlo solo per ignoranza, stupidità o mala fede.

Quinta conclusione è che gli eventi post covid19 e post vaccino covid 19, in realtà ed in via di principio, non sarebbero paragonabili tout court senza considerare una pregiudiziale che comunque ne rende discutibili i risultati: la covid19 è un evento casuale mentre il vaccino è imposto e reso surrettiziamente obbligatorio grazie a minacce e ricatti se non addirittura un vero e proprio obbligo di categoria. Qualunque imposizione che riguardi la persona e la costringa ad introdurre nel proprio corpo una sostanza qualsiasi a qualunque titolo dovrebbe garantire la totale indiscutibile necessità, sicurezza e assenza di qualunque rischio personale.

La sesta ed ultima conclusione considera applicabile il principio del sic stantibus rebus e la conseguente possibilità di appellarsi al principio di massima precauzione per rigettare, almeno in via di principio posto che in pratica non è più possibile, qualunque tipo di obbligazione consimile passata presente e futura.

Medico e chirurgo e Consigliere Direttivo EUNOMIS*


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