Il Garante della Privacy tutela il dipendente licenziato cui il datore di lavoro non dà accesso alle investigazioni eseguite sul suo conto

di Stefano Leone*

Così è stato stabilito dal Garante della privacy, con un recente provvedimento del 6 luglio 2023.

Il lavoratore, che ha presentato reclamo al Garante, era stato licenziato a conclusione di un procedimento disciplinare in cui gli erano stati contestati diversi illeciti extra lavorativi accertati da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro.

La contestazione del lavoratore riguarda il mancato riscontro del datore di lavoro alla sua richiesta di accesso alle informazioni raccolte da parte dell’agenzia investigativa, relativamente a fotografie, a una rilevazione Gps, a descrizioni di luoghi, persone, ecc.
Informazioni/dati personali che avrebbe avuto diritto di conoscere per la difesa nel procedimento disciplinare e per garanzia del diritto di difesa nel procedimento giudiziario avviato per impugnare il licenziamento.

Il Garante ha disposto che le richieste di accesso ai propri dati formulate dal reclamante siano qualificabili come esercizio del diritto di accesso, garantito dall’articolo 15 del Regolamento europeo GDPR 679/2016.

Inoltre, la condotta della società datrice di lavoro, a fronte delle richieste del reclamante, non è stata ritenuta conforme al principio di correttezza del trattamento dei dati, posto che il titolare non ha indicato la specifica origine dei dati utilizzati per la contestazione disciplinare, i cui contenuti, raccolti dall’agenzia investigativa, avrebbero dovuto essere portati a conoscenza del lavoratore dopo la loro raccolta, indicando anche l’origine degli stessi.

Di conseguenza, il Garante:
– ha ritenuto illecito il trattamento di tali dati personali;
– ha irrogato all’azienda una sanzione amministrativa di 10.000,00 euro.

Avvocato, membro del Gruppo Giuridico JUS EUNOMIS*

 

 


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