LONG COVID. Ovvero il mistero nel mistero.

di Silvano Tramonte*

Nel mistero Sars-Cov-2 che ancora non si svela, ci sono altri misteri che aleggiano come fantasmi perturbanti. Uno di questi è il famigerato Long Covid, uno degli spauracchi utilizzati per spaventare e costringere la gente a vaccinarsi.

Ricordate la ricerca sul “long Covid” che apparve su Lancet, e che creò il panico nel mondo? Fu uno dei cavalli di battaglia della campagna vaccinale. Ebbene, sembra che i dati fossero falsi e che ora quel paper sia in via di ritiro. “Sembra” e “sia” sono obbligatori in una questione che sempre più si perde nelle nebbie della disinformazione.

Riporto un articolo apparso in MDEdge- Internal Medicine News, a firma Ellie Kincaid, che getta un’ombra di sospetto sulla citata ricerca.

https://www.mdedge.com/internalmedicine/article/259892/long-covid/buzzy-lancet-long-covid-paper-under-investigation-data

Un primo e influente articolo sul long COVID apparso su The Lancet è stato contrassegnato con un’espressione di preoccupazione mentre la rivista indaga sugli “errori di dati” portati alla luce da un lettore”.

Un editoriale che accompagnava il documento quando è stato pubblicato nel gennaio dello scorso anno lo ha descritto come “il primo ampio studio di coorte con follow-up di 6 mesi” di persone ricoverate con COVID-19. L’articolo ha ricevuto molta attenzione da allora.

Intitolato ” Conseguenze a 6 mesi di COVID-19 nei pazienti dimessi dall’ospedale: uno studio di coorte “, il documento è stato citato quasi 1.600 volte, secondo Web of Science di Clarivate. Altmetric trova riferimenti ad esso in più documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Secondo l’ espressione di preoccupazione , datata 24 novembre, un lettore ha riscontrato incongruenze tra i dati dell’articolo e un documento successivo che descriveva la stessa coorte di pazienti dopo un anno di follow-up. Quella scoperta ha scatenato un’indagine che è ancora in corso:

  • L’8 gennaio 2021, The Lancet ha pubblicato un articolo, Conseguenze a 6 mesi di COVID-19 nei pazienti dimessi dall’ospedale: uno studio di coorte, di Chaolin Huang e colleghi. 1 Il 28 agosto 2021, The Lancet ha pubblicato un articolo, Risultati a 1 anno nei sopravvissuti ospedalieri con COVID-19: uno studio di coorte longitudinale, di Lixue Huang e colleghi. 2Abbiamo ricevuto una richiesta da un ricercatore sulle incongruenze dei dati tra questi due articoli e abbiamo chiesto una spiegazione all’autore corrispondente dei due articoli. Il 7 novembre 2022, i redattori di Lancet sono stati informati che le incoerenze tra i dati semestrali e annuali erano dovute a “alcune variabili nel set di dati utilizzato per il documento semestrale sono state erroneamente interrotte nell’ordine”. In considerazione dell’entità di questi errori nei dati, pubblichiamo ora un’espressione di preoccupazione sul documento semestrale mentre indaghiamo ulteriormente, inclusa un’ulteriore revisione statistica e clinica dei dati corretti. Aggiorneremo questo avviso non appena avremo ulteriori informazioni.

L’autore corrispondente di entrambi gli articoli, Bin Cao del Centro nazionale cinese per la medicina respiratoria e del China-Japan Friendship Hospital di Pechino, non ha risposto alla nostra richiesta di commento.

Un profilo di Cao pubblicato su Lancet Infectious Diseases lo scorso marzo lo ha descritto come “un ricercatore leader nella polmonite e nell’influenza” che “è stato determinante nell’aumentare le conoscenze su COVID-19”. Oltre allo studio di follow-up sui pazienti COVID ospedalizzati:

  • I documenti seminali di Cao durante la pandemia di COVID-19 includono il primo rapporto sulle caratteristiche cliniche dei pazienti COVID-19 a Wuhan, la descrizione dei fattori di rischio di mortalità per i pazienti adulti ricoverati e i risultati delle prove che testano l’uso di farmaci antivirali, tra cui lopinavir-ritonavir, per il trattamento del COVID-19 in Cina.

Abbiamo contattato l’ufficio stampa di The Lancet e Richard Horton, caporedattore della rivista, e abbiamo ricevuto questa dichiarazione:

  • The Lancet Group tratta tutte le comunicazioni tra editori e autori o lettori come riservate. Le indagini continuano e l’ espressione di preoccupazione verrà aggiornata non appena avremo ulteriori informazioni da condividere. Ulteriori informazioni sulle nostre politiche sono disponibili qui:

Quest’anno, The Lancet ha superato il New England Journal of Medicine come rivista medica con il più alto fattore di impatto, in gran parte grazie agli articoli che ha pubblicato su COVID-19.

Abbiamo contato le ritrattazioni per tre di quei documenti , in particolare un documento sull’uso del farmaco idrossiclorochina che affermava di utilizzare i dati medici di una società chiamata Surgisphere. Come ricorderanno i lettori di Retraction Watch , l’articolo è stato ritirato dopo che gli investigatori si erano chiesti se i dati fossero reali e la società non li avrebbe prodotti per la revisione.

Questo articolo è apparso per la prima volta su Retraction Watch .”

Mi scuso per il lungo riporto ma era veramente da leggere tutto. Richiamo la vostra attenzione su un passo in particolare dell’articolo, quello in cui si dice che Lancet ha superato il New England Journal of Medicine, rivista scientifica prestigiosissima, come fattore d’impatto, grazie agli articoli sulla covid19. L’impact factor è un indice bibliometrico sviluppato dall’Institute for Scientific Information (ISI) nel 1961 e attualmente di proprietà dell’editore Thomson Reuters. Misura il numero medio di citazioni ricevute, nell’anno di riferimento considerato, dagli articoli pubblicati da una rivista scientifica nei due anni precedenti: è pertanto un indicatore della performance dei periodici scientifici, che esprime l’impatto di una pubblicazione sulla comunità scientifica di riferimento. Voi capite che avere un impact factor molto alto significa attirare l’interesse di sponsor e pubblicità, per non dire altro. È dunque un indice importantissimo per una rivista la cui massima ambizione è vederlo aumentare mese dopo mese. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che anche le riviste scientifiche non sono scevre dal rischio disinformazione e non entro nel merito delle modalità e se abbia o no uno scopo tale disinformazione, se sia cioè in buona fede o mala fede. Certo è che gli interessi in gioco sono spaventosi. E molto più che spaventosi in un “affaire” come quello pandemico in cui si muovono centinaia di miliardi di dollari, e ricordo che un miliardo di dollari equivale a mille milioni di dollari.

Enrico Bucci in “Cattivi scienziati” (Add Edizioni, Torino, 2015), afferma che la frode scientifica, tra la fabbricazione di articoli basati su dati falsi o inventati da zero e la falsificazione o manipolazione intenzionale dei dati per avvalorare una tesi, in alcune discipline sfiora il 25%. Bucci lo diceva nel 2015. A sette anni di distanza e con tali e tanti interessi in gioco possiamo ben credere che tale percentuale sia aumentata, e di molto, se personaggi di fama internazionale non si sono fatti scrupolo di perdere la propria credibilità, la propria faccia e la propria dignità accusando opportune amnesie e financo smarrimento di contratti che magari nemmeno erano firmati, e senza contare il ricorso al segreto militare. Per non parlare dei giullari nostrani.

Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS*


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