La Beffa del rapporto rischio/beneficio

Mi ero riproposto di non scrivere nulla per un poco sulla covid ma il precipitare degli eventi mi costringe a farlo. Non parlerò di obbligo vaccinale dato che è argomento all’ordine del giorno e non avrei nulla da aggiungere a quanto già si legge un poco dovunque contro questo famigerato decreto. Piuttosto parlerò di una cosa di cui nessuno parla: il rapporto rischio/beneficio. Di fronte alla valanga di effetti avversi di cui si ha conto e a quella, inevitabile, di cui ancora non si ha conto, la posizione dei pubblici esperti è unanime: si, va bene, ma i benefici superano i rischi! Con questo cercando di sdoganare per l’ennesima volta qualcosa che sta dimostrando in tutti i modi di non essere affatto così sicuro. In questo c’è molta malafede, non posso immaginare ignoranza poiché sono tutti esperti della materia dunque l’atteggiamento è quello di sbolognare la questione con la generica affermazione che i benefici superano i rischi. Il punto è che questa formula, tanto utilizzata e tanto menzognera, è falsa e scorretta per definizione, e per vari motivi. Intanto perché il beneficio è qualcosa di certo, valutabile, quantificabile e noto, o dovrebbe esserlo, mentre il rischio è solo la possibilità di un danno eventuale. Per conoscere e valutare il rapporto abbastanza correttamente, bisogna parlare di rapporto beneficio/danno dove si raffrontano gli eventi positivi contro gli eventi negativi. Parlando di covid, però, questa valutazione non si può oggettivamente fare poiché non si conoscono davvero i benefici, men che meno si conoscono i danni (la valutazione dei danni richiederà anni) e neppure si conoscono esattamente i rischi. Dunque mi si deve spiegare come si fa a dire che il beneficio supera il danno o più scorrettamente il rischio atteso di danni. Ora vi racconto la verità, non come io immagino che sia o penso che sia, ma come la descrive Silvio Garattini in un articolo su Scienza in rete (Asimmetria nella valutazione di benefici e rischi dei farmaci | Scienza in rete):

“Il termine “sicurezza”, utilizzato per i farmaci, è spesso ambiguo. Sicurezza avrebbe il significato di “non generare problemi” che in gergo significano effetti collaterali, per usare un eufemismo in luogo di effetti tossici. Tuttavia, è noto che non esistono farmaci innocui, al contrario tutti i farmaci attivi hanno una contropartita di effetti indesiderabili. Il termine sicurezza va perciò confrontato con il termine “beneficio”. Infatti, come per qualsiasi altro intervento, si possono accettare le forme più o meno importanti di tossicità solo in cambio di benefici per la propria salute. Quando si studia un nuovo farmaco nelle varie fasi precliniche, i modelli animali sono tutti orientati a valutare il beneficio e solo alla fine dello studio si cerca di valutare la tossicità cronica, spesso in esperimenti di durata relativamente breve, rinviando a tempi successivi la ricerca di tossicità più specifiche, quali ad esempio la mutagenesi, cancerogenesi e le anomalie della riproduzione. Negli studi clinici l’obiettivo è fondamentalmente quello di stabilire i benefici. Infatti, la numerosità del campione viene calcolata per ottenere un dato statisticamente significativo del beneficio atteso e non per valutare il livello di tossicità.

Mentre l’efficacia si ricerca, la tossicità si… attende!

Infatti, non esiste un programma specifico di farmacovigilanza attiva; gli effetti tossici vengono raccolti dalle informazioni spontanee di medici, farmacisti, infermieri e pazienti e quindi sono certamente dati sottostimati, soprattutto quando gli effetti tossici avvengono a distanza di tempo rispetto alla somministrazione dei farmaci. La mancanza di sorveglianza sugli effetti tossici rende necessario, anche dopo molti anni dalla commercializzazione il ritiro dei farmaci. È sintomatico che spesso i farmaci vengano ritirati dal commercio dalle industrie anziché dalle autorità regolatorie.”

Mi sembra evidente, dunque, che, se già in condizioni di normalità sperimentale la valutazione costi e benefici è piuttosto aleatoria e sbilanciata ideologicamente a favore dei benefici, per un farmaco, i vaccini anticovid appunto, la cui sperimentazione è stata compressa in pochi mesi al punto che difatti il balletto d’incertezza sull’AstraZeneca ha raggiunto addirittura punte di ridicolo e perfino si sono saltati degli ends point di valutazione per accelerare i tempi al massimo, dire che i benefici superano ancora i rischi è davvero millantatorio e mendace.

Da La valutazione dei benefici e dei danni di un trattamento – Informazioni sui farmaci:

I pazienti potranno formulare meglio una loro personale valutazione di questo rapporto se verranno messi a conoscenza delle quattro caratteristiche fondamentali del rischio di quel particolare farmaco, ossia la tipologia, la durata (es. un effetto temporaneo come un’infezione dopo un intervento chirurgico o permanente come l’incontinenza dopo una prostatectomia), il momento in cui si manifesta (es. immediatamente o dopo un certo periodo) e la probabilità di insorgenza.

il rapporto beneficio/danno di un trattamento può essere definito solo qualitativamente (ad esempio: favorevole/sfavorevole; accettabile/inaccettabile; superiore/inferiore; incerto/sconosciuto),
il rapporto beneficio/danno di un trattamento non è una caratteristica predefinita (costitutiva) di un trattamento ma può variare per lo stesso trattamento secondo vari fattori (tipo di malattia, alternative disponibili, caratteristiche e punti di vista del paziente);
solitamente occorre tempo per acquisire tutte le informazioni necessarie a definire sia il beneficio che il danno di un trattamento;
la definizione del rapporto beneficio/danno di un trattamento è un processo permanente che richiede la collaborazione fattiva di tutti i soggetti interessati.

Dunque, tra i moltissimi fattori che intervengono per una corretta valutazione del rapporto beneficio/danno bisogna considerare anche il tipo di paziente: età, stato di salute, psicologia ecc. Ora, nulla di tuttociò essendo accaduto, alla luce dei dati in nostro possesso e soprattutto di quelli mancanti, dovremmo ammettere che la corretta valutazione del rapporto beneficio/ rischio/danno è questa: incerto/sconosciuto.

Dr. Silvano Tramonte
Coordinatore Gruppo Medico scientifico EUNOMIS