IO, LA LAVAGNA, BANGALORE E L’AI. Riflessioni semiserie sulla vita d’oggi

*di Silvano Tramonte

Siamo in guerra, come sempre. La novità è che oggi la guerra è globale. L’abbiamo globalizzata, come abbiamo fatto col mercato, col consumismo, con la vaccinazione.

Come al solito ci sono i cattivi che vogliono conquistare il mondo, questa volta senza armi perché altrimenti non ci resterebbe niente da conquistare; e poi le armi non servono, e poi non sono politicamente corrette. Tanto meno lo sono se usate da invasore, da attaccante, da imperialista. Eh, no. Questo non sta bene, non è politicamente corretto: le armi si usano per portare la pace, per fare del bene, per portare la democrazia del libero mercato, per difendere la democrazia ovunque sia minacciata e, naturalmente, risorse per il mercato, rigorosamente libero. Oddio, libero, diciamo mercato, quello dei soliti che lo hanno in mano.

I cattivi sono i potenti mercanti moderni. I buoni sono i pochi che si ribellano, che contestano, che denunciano. Quelli censurati dai fact checkers, pochi in mezzo a una schiera infinita di ignavi.

All’inizio eravamo pochissimi e io ero uno di quelli, uno dei primissimi (in verità ho cominciato negli anni sessanta, all’inizio degli anni sessanta, ed ero praticamente solo, per quel che ne sapevo. Poi è arrivato il ’68 ed ero solo uguale perché gli antagonisti del ’68 lo erano per motivi politici mentre io ne facevo una questione esistenziale, filosofica, etica (sì, etica: già da ragazzo combattevo la corruzione dei costumi, la inarrestabile caduta dei valori e dei principi ideali, delle virtù individuali e civili). Dopo una cascata infinita di accadimenti più o meno apparentemente innocui, arriva la surrettizia trasformazione della medicina, surrettizia, subliminale e talmente lenta e diluita nel tempo (40 anni circa) che pochi se ne accorsero, standardizzazione delle terapie, privatizzazione della medicina, progressiva medicalizzazione della società. Poi le cose precipitarono quasi all’improvviso: la mitragliata di vaccini obbligatori, la trasformazione degli Ordine dei Medici in enti sussidiari dello stato, la sottomissione dei medici al potere politico, la pandemia, i “vaccini” anticovid19. Eravamo pochissimi a dubitare, discutere, criticare, valutare. Poi iniziammo a dissentire. Dettaglio interessante: i dissidenti erano vecchi medici, tra i primissimi molti dentisti. Strano, perché i vecchi dentisti? Perché erano medici di antica data e antica formazione, non condizionati perché tutti liberi professionisti. Gli ultimi liberi professionisti della nazione.

Poi ci siamo aggregati, ci siamo ritrovati grazie a quegli stessi straordinari mezzi con cui hanno condizionato e manipolato il resto del mondo; noi ci siamo ritrovati, riconosciuti, organizzati e ora resistiamo, siamo diventati tanti, ci siamo riuniti in gruppi e poi in organizzazioni, ci siamo uniti agli avvocati che vedevano l’illegalità e l’incostituzionalità degli eventi. Se non ci fossero stati quei mezzi straordinari con cui combattiamo questa battaglia, però, forse oggi non ci sarebbe bisogno di combatterla. Sono i mezzi, difatti, che hanno permesso il surrettizio indottrinamento delle masse, la manipolazione mentale, il condizionamento psicologico, l’appiattimento acritico. Reduce da tali battaglie e pregno delle conseguenti emozioni, parto per Bangalore, dove mi aspettano due lezioni di implantologia monofasica in un Master universitario.

Io sono andato a Bangalore con l’aereo e ripartirò con l’aereo. Questo mezzo mi ha consentito di venire qui a sostenere due lezioni di qualche ora ad un master d’implantologia. Partito mercoledì, insegnato giovedì e venerdì, ripartito il sabato. Straordinario. Fantastico. Questa la vera conquista degli straordinari mezzi che abbiamo a disposizione: il tempo. Ma il tempo è solo un valore, un mezzo a volte. IL tempo può essere impiegato bene o male, a fini nobili o perversi. Al tempo non importa come viene utilizzato, il tempo è indifferente. Quel che conta è cosa ci fai, col tempo. IL tempo è anche una conquista dei tempi moderni, della tecnologia moderna, una grande conquista, anche democratica, inclusiva e politicamente corretta. Non scontenta nessuno e può essere a disposizione di tutti. Più o meno, se ti manca non lo puoi comprare ma se lo compri, un biglietto economico d’aereo che a volte costa meno del taxi che ti porta all’aeroporto, puoi risparmiarne tanto. Così sono andato a insegnare a Bangalore. E ho parlato.  Ho parlato nello stesso modo in cui potevano fare Diogene, Socrate, Platone o Aristotele.

Sì, ho proiettato slide ma erano superflue dal momento che avrei potuto farne a meno: ciò che contava era quello che dicevo e quello che dicevo era il frutto di un’esperienza maturata in 64 anni d’implantologia (quella di mio padre più la mia) di cui 62 vissuti personalmente (ho cominciato a 14 anni a stargli dietro con gli impianti). Non c’è nessun implantologo al mondo che possa vantare un tale primato. Però, coi mezzi di oggi e soprattutto con l’aiuto dell’AI, chiunque lo può fare senza la minima esperienza, e guadagnarci dei soldi diventando l’uomo di paglia del mercato. Ma come è possibile? Questo è un miracolo della tecnologia applicata alla medicina: la standardizzazione della terapia. Se devo capire che terapia sia più indicata per ogni singolo paziente mi servirà una grande esperienza e un buon aggiornamento, se devo applicare uno schema terapeutico sempre uguale per tutti indipendentemente da condizioni e indicazioni, mi basterà l’esperienza degli altri e un poco di tutoraggio, magari fatto on line con tutorial. Ecco, AI sarà un moltiplicatore fenomenale e produrrà un’infinità di “esperti” assolutamente privi o con poca esperienza ma gran conoscitori di schemi, protocolli, linee guida ecc. ecc. Ecco, il, bene di scambio più prezioso oggi: il tempo. E il tempo è denaro. AI=tempo, comodità, semplicità, ignoranza.

Il tempo si è contratto talmente che ne basta poco, oggi, per essere considerati sapienti quando una volta ci voleva una vita, ed era comunque solo per pochi. Ho schizzato sulla lavagna elettronica i disegni per illustrare le mie parole con le immagini e potevo farlo su una qualsiasi lavagna a gessetti, la meraviglia elettronica mi ha solo reso più complicato cancellare e la tecnologia touché poco controllabili i segni. Con la differenza che una lavagna di grafite non si sarebbe mai fermata/impallata. Mai! Quello che contava era ciò che sapevo e che chi mi ascoltava non sapeva. Oggi, grazie a questi mezzi di cui non c’è un vero bisogno, tutti possono fare una lezione semplicemente leggendo le proprie slide, magari, e spesso, nemmeno farina del proprio sacco.

A Bangalore sono stato portato in giro con una vettura di ultima generazione in un incredibile ammasso di carretti, carrettini, motorette, mucche, apetti (motocarri a tre ruote), ciclocarri, camion di tutte le dimensioni e di tutte le epoche e io me ne stavo lì in mezzo a tutta quella umanità e non avevo alcun vantaggio nell’essere su un “carro” ultramoderno pieno gadget inutili, su strade che a tratti definire tali è puro eufemismo, e alla medesima velocità di spostamento. Mi guardavo intorno e sorridevo al pensiero di chi vorrebbe controllare tutta questa incontrollabile umanità col riconoscimento facciale digitale quando non hanno semafori e il traffico ha una logica inarrivabile: un continuo suonare il clacson ed evitare incidenti. Eppure è la loro normalità, li evitano benissimo. Mi sono tranquillizzato circa AI e i suoi pericoli: il mondo è grande e potrò sempre scappare in un posto tecnologicamente arretrato che è diventato ai miei occhi una specie di Eden in cui ognuno è libero di fare quello che vuole nel modo che vuole e nessuno è pronto a castigarlo perché la logica del suo esistere è l’utilità per molti. Su questo pianeta ci sono due mondi paralleli: quello schiavo della tecnologia e di tutto ciò che la accompagna, e quello libero, senza regole e senza semafori, solo il minimo necessario. Sapete una cosa? Quando ci si fermava, quelle poche volte, era perché c’era un semaforo.  Ciò che dobbiamo fare, in fondo, è la stessa cosa di sempre: sopravvivere per perpetuare la specie. Tutto il resto accompagna solo modo di dire che solo i motociclisti capiscono.

*Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS


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