PER SALVARE IL PIANETA STIAMO DISTRUGGENDO LA NOSTRA SOCIETA’? Le derive autoritarie dell’ambientalismo tecnocratico e la difesa delle libertà fondamentali

 

di Silvano Tramonte*

«Non si salva la Terra distruggendo l’Uomo.
Non si protegge la natura calpestando la libertà.
Non si custodisce il futuro spegnendo la coscienza.»

Questo articolo non nega la crisi ecologica. Ne contesta l’uso strumentale.
Non è un manifesto contro l’ambiente, ma in difesa dell’uomo.
È un invito a distinguere il necessario dal fanatico, il giusto dal prepotente.
È una chiamata al coraggio civile, in nome delle libertà fondamentali e dei diritti inalienabili.
Perché la vera civiltà non impone: persuade. Non punisce: educa.
E l’ecologia, se vuole davvero salvare il mondo, deve prima smettere di disprezzare l’umanità. Il pianeta non ha bisogno di essere salvato, si salva da solo, cambiando, magari perdendo alcune specie animali o vegetali, come fu per i dinosauri e come potrebbe essere per l’uomo, ma il pianeta non ha alcun bisogno di essere salvato, ammesso che poi noi si sia in grado di farlo, si salva da sé, quello che noi dobbiamo in realtà cercare di preservare è l’ambiente favorevole a noi, alla nostra vita e alla nostra società. Dunque un’ecologia che non consideri l’uomo per quello che è con tutte le sue caratteristiche e le sue necessità, non è benevola per noi, si disinteressa di noi e in realtà ci è nemica. Quello che si deve sicuramente fare è la difesa dell’ambiente a noi favorevole per il nostro benessere presente e futuro.

DOBBIAMO DAVVERO SACRIFICARE LA NOSTRA SOCIETÀ PER SALVARE IL PIANETA?

Chi ha deciso che, per proteggere la Terra, sia lecito sospendere libertà, negare diritti, punire scelte personali?

Può una causa, per quanto nobile, autorizzare la rinuncia ai principi che fondano la nostra civiltà? Arrivare ad imporla?

L’ecologia è una necessità, certo. Ma lo è anche la libertà. E per ognuno di noi lo è anche di più.

E allora: che rapporto c’è tra emergenza climatica e democrazia?
Tra la salvaguardia dell’ambiente e il rispetto dell’individuo?

Forse è tempo di interrogare non solo la natura, ma anche chi parla in suo nome.

Questo testo non intende negare. Intende chiedere.
Non vuole distruggere. Vuole capire.

Perché la domanda più urgente non è: Come salvare il pianeta?
Ma: Chi decide come, e a quale prezzo umano?

L’EMERGENZA ECOLOGICA E LA RETORICA DELLA NECESSITÀ

Viviamo in un’epoca ossessionata dall’urgenza. “Agire subito”, “non c’è più tempo”, “la scienza lo impone”, “lo vuole l’Europa”— questi sono i mantra che accompagnano ogni decisione politica legata all’ambiente.

Ma cosa succede quando l’urgenza si trasforma in giustificazione? Quando l’azione diventa imposizione? Quando il tempo sottratto al pianeta è anche quello sottratto alla riflessione, al dibattito, alla libertà?

La storia ci insegna che l’idea di “necessità” è tra le più pericolose armi del potere. È nella necessità che si sospendono i diritti. È nella necessità che si chiudono le bocche, si militarizzano le piazze, si delegittimano i dubbi.

In nome dell’ambiente, oggi si accettano divieti, restrizioni, rieducazioni forzate. Chi dissente non è interlocutore, ma “negazionista”, “ostacolo”, “nemico del futuro”. L’ambiente diventa così il nuovo assoluto, un altro: non più bene comune da custodire, ma dogma da non discutere.

Ma un’azione imposta non è giustizia: è dominio.
Una verità gridata non è più vera: è solo più rumorosa.
E una transizione ecologica che disprezza l’essere umano non è progresso: è una regressione mascherata.

LA TERRA SOPRA L’UOMO

Da qualche tempo, l’ambientalismo ha smesso di essere una cura per il mondo ed è diventato una religione laica. Non una fede aperta al dubbio, ma un culto fondato sull’assoluto. La Terra — madre, dea, vittima — occupa oggi il centro di un immaginario che vede l’essere umano non più come custode del creato, ma come un intruso, un virus, un errore evolutivo.

In questa visione, l’Uomo non è parte della natura, ma la sua negazione. Non è più soggetto morale, ma oggetto di rieducazione.
È colpevole fin dalla nascita: consuma, emette, disturba.

Così, nel nome di un “bene superiore” non negoziabile, si riscrive la gerarchia dei valori. La Terra — intesa non come ambiente concreto, ma come astrazione mitizzata — viene posta sopra la libertà, sopra la democrazia, sopra la giustizia. Chi si oppone, o semplicemente dubita, è un sacrilego, un nemico del sacro.

È il ritorno dell’assoluto nel cuore della politica: un assoluto nuovo, ma con tratti antichi.
Perché ogni volta che si pone qualcosa sopra l’uomo — lo Stato, la Razza, la Storia, la Collettività,  ora l’Ambiente — si apre la strada alla violenza. Non sempre fisica, ma sempre morale.

Ma l’ambiente non è un soggetto. Non parla. Non ordina. Non governa.
Sono uomini che parlano in suo nome. Sono ideologi, tecnocrati, ingegneri sociali.
E ogni volta che qualcuno si dichiara “portavoce della natura”, vale la pena chiedergli: chi ti ha delegato? a quale titolo parli? a che prezzo agisci?

Non è la Terra che decide di toglierti l’auto, il riscaldamento o la carne. Sono altri esseri umani che lo fanno.
E spesso, senza averti mai chiesto il permesso. E sostenuti da niente altro che la propria arrogante presunzione.

 LE LIBERTÀ FONDAMENTALI SOTTO PRESSIONE

In nome della “salvezza del pianeta”, molte delle nostre libertà più basilari sono state messe a dura prova, se non apertamente limitate. Libertà di scelta, di movimento, di lavoro, persino di espressione: diritti sanciti da costituzioni e trattati internazionali che sono pilastri di società libere e democratiche.

Libertà di scelta e consumo

I cittadini vengono spesso costretti a rinunciare a determinati beni o abitudini – dalle auto a combustione ai combustibili fossili, dalla carne ai riscaldamenti tradizionali – non tanto attraverso incentivi, ma mediante divieti e sanzioni. Questo modello, basato sulla coercizione più che sulla persuasione, rischia di creare una società di “sudditi dell’ambientalismo”, in cui l’individuo perde la capacità di decidere secondo la propria coscienza e situazione personale.

Libertà di movimento

Le restrizioni imposte a trasporti e viaggi, motivate da riduzione delle emissioni, hanno pesanti ricadute sulla vita quotidiana e sulle economie locali. Le fasce più fragili, che non possono permettersi alternative sostenibili, si trovano spesso escluse e isolate. Si chiama discriminazione.

Libertà di lavoro

Molti settori tradizionali sono messi sotto pressione o condannati alla sparizione senza piani di accompagnamento reali, lasciando intere comunità senza prospettive, con conseguenze sociali drammatiche. Stiamo ripristinando la povertà, la fame, l’indigenza.

Libertà di espressione

Il dissenso sull’approccio dominante alla crisi climatica viene spesso marginalizzato o bollato come “negazionismo” o “pericoloso”. La pluralità di opinioni e il dibattito critico, essenziali in democrazia, rischiano così di essere soffocati in nome di un’ortodossia ecologica. Si chiama dittatura.

Costituzioni e diritti internazionali disattesi

La Costituzione italiana e numerosi trattati internazionali — come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani — sanciscono diritti che sembrano essere messi in secondo piano o sospesi di fronte a “ragioni superiori” di tutela ambientale. È importante chiedersi: fino a che punto è legittimo sacrificare libertà fondamentali in nome della protezione del pianeta? E chi decide i limiti? La perdita di libertà e diritti si chiama schiavitù

Costituzioni e diritti internazionali disattesi

La Costituzione Italiana tutela diritti fondamentali che sono pilastri della nostra convivenza civile:

  • Articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.”
  • Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…” e “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…”
  • Articolo 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro…”
  • Articolo 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero…”

A livello internazionale, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) afferma:

  • Articolo 1: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.”
  • Articolo 3: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.”
  • Articolo 19: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione.”

Analogamente, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (1966) e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ribadiscono e ampliano queste tutele.

Questi diritti, che costituiscono la base del nostro Stato di diritto, non possono essere messi in secondo piano senza un giusto bilanciamento, senza trasparenza e senza il consenso democratico. È quindi legittimo interrogarsi su come e fino a che punto le politiche ambientali possano legittimamente limitarli.

L’ECOLOGIA SENZA L’UOMO NON È ECOLOGIA

Se l’ecologia dimentica l’uomo, smarrisce la sua stessa ragion d’essere. La natura non è un’entità astratta da venerare, ma un ambiente vivo e abitato da esseri umani con diritti, culture, storie.

Difendere l’ambiente significa dunque difendere un mondo abitabile per gli esseri umani — non una natura incontaminata da cui l’uomo è escluso o colpevolizzato. La sostenibilità vera non è punizione, ma equilibrio: tra sviluppo e conservazione, tra libertà individuali e responsabilità collettive.

Un’ecologia che schiaccia la libertà è un’ecologia destinata a fallire, perché l’essere umano, se privato di dignità e autonomia, smette di essere custode consapevole e diventa vittima e nemico di sé stesso.

PER UNA TRANSIZIONE GIUSTA E LIBERA

Non è negando la crisi ambientale che la si risolve, ma affrontandola con intelligenza, equità e rispetto.
La vera sfida è trovare un equilibrio tra tutela del pianeta e salvaguardia dei diritti inalienabili.

La storia ci insegna che ogni autoritarismo, anche quando mascherato da nobili cause, si trasforma in oppressione.
Per questo, in nome dell’ambiente, non possiamo permettere che si comprimano le libertà fondamentali, né che si sacrifichino le conquiste civili maturate nel tempo.

La transizione ecologica deve essere anche una transizione etica: rispettosa delle persone, delle culture, delle libertà.
Solo così sarà davvero sostenibile — non solo e non tanto per il pianeta, quanto piuttosto per la società che lo abita.

 

Bibliografia ragionata

  1. Riferimenti normativi fondamentali
  • Costituzione della Repubblica Italiana (1948)
    Testo ufficiale con particolare attenzione agli articoli: 2, 3, 4, 21.
    Disponibile su: www.senato.it
  • Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948)
    Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, base normativa e simbolica universale sui diritti inalienabili.
    Disponibile su: www.un.org
  • Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (1966)
    Trattato internazionale che integra e sviluppa i diritti civili e politici.
    Disponibile su: OHCHR
  • Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000)
    Rilevante per il contesto europeo, integra principi sui diritti civili, sociali ed economici.
    Disponibile su: EUR-Lex
  1. Opere di riferimento in filosofia politica ed etica
  • John Stuart Mill, “Sulla libertà” (1859)
    Testo classico sul valore della libertà individuale e sui limiti legittimi dell’intervento dello Stato.
  • Isaiah Berlin, “Due concetti di libertà” (1958)
    Riflessione fondamentale sulle diverse declinazioni della libertà e sui pericoli del paternalismo.
  • Hannah Arendt, “La crisi della cultura” (1961)
    Analisi della crisi della modernità, con attenzione alle dinamiche tra potere, verità e libertà.
  • Hans Jonas, “Il principio responsabilità” (1979)
    Riflessione sul fondamento etico della responsabilità verso le generazioni future e l’ambiente.
  1. Testi critici sull’ambientalismo e i diritti
  • Bjorn Lomborg, “The Skeptical Environmentalist” (2001)
    Critica a tesi ambientaliste estremiste, con focus su dati empirici e costi delle politiche ambientali.
  • Patrick Deneen, “Why Liberalism Failed” (2018)
    Analisi del declino delle società liberali e delle conseguenze ideologiche su diritti e libertà.
  • Michael Shellenberger, “Apocalypse Never” (2020)
    Critica al panico climatico e all’ambientalismo radicale, con appello a un approccio più equilibrato e umano.
  • Clive Hamilton, “Requiem for a Species” (2010)
    Discussione sull’ambientalismo contemporaneo e sui rischi di una narrativa apocalittica e autoritaria.

*Medico chirurgo e Vicepresidente EUNOMIS


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