*di Silvano Tramonte
Come tutti sanno, viviamo in tempi di green economy.
Si definisce green economy, un modello di sviluppo economico in cui, oltre ai benefici economici, si prendono in considerazione altri due parametri: l’impatto ambientale (cioè i danni potenzialmente prodotti dall’intero ciclo di produzione dalla individuazione e recupero delle materie prime, alla loro trasformazione, trasporto prima e dopo lavorazione, consumo e produzione di energia necessaria fino alla finale eliminazione e smaltimento) e l’impatto sociale, cioè la perdita di benessere variamente considerato da parte degli abitanti del pianeta.
Il concetto di sostenibilità e i suoi pilastri.
La commissione delle Nazioni Unite ha definito il concetto di sviluppo sostenibile come “[…] lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”. Questo presuppone una sorta di equilibrio tra tutte le componenti dell’equazione, di modo che, teoricamente, si stabilisca una equità tra condizione globale presente e futura.
Posto che lo sfruttamento delle risorse non può essere illimitato né sostenuto illimitatamente, è fondamentale il concetto di sostenibilità così come la responsabilità ed il dovere di applicarlo al meglio.
Tale concetto si fonda su tre pilastri:
Sostenibilità economica (uso efficiente delle risorse), Sostenibilità ambientale (ricostituzione delle risorse), Sostenibilità sociale (equità).
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile definisce, integrandole, le tre dimensioni infilando, secondo la mia opinione, tre errori logici e concettuali.
- Si parte dal presupposto economico fondamentale che la crescita degli indicatori economici sia stabile e continua. A questo principio oppongo la seguente considerazione: come si concilia l’idea di una crescita economica illimitata con la limitatezza delle risorse e il continuo aumento della popolazione mondiale? Come si concilia la teoria consumistica dell’obsolescenza programmata con l’utopica posizione di mantenere inalterate le risorse naturali e diminuire la produzione di rifiuti? Se per essere sostenibile un modello economico deve essere in grado di sfruttare le risorse naturali più lentamente di quanto queste si riproducano, dovrebbe essere ovvio che non si può ottenere questo risultato e ottenere contemporaneamente una crescita della produzione una moltiplicazione dei prodotti e una industrializzazione dell’inutilità della maggioranza dei prodotti venduti.
- La sostenibilità ambientale è legata alle risorse naturali esistenti ed alla loro disponibilità. Come si può pensare che sia possibile sfruttare all’infinito le risorse naturali non ricostituibili come i combustibili fossili, le acque potabili e tutte le materie prime il cui sfruttamento è il consumo e la trasformazione chimica? Nel capitolo della sostenibilità ambientale rientra anche il grande tema dei cambi climatici e del Global Warming, fenomeni tutt’altro che chiariti ma che, nonostante la grande ignoranza che ne abbiamo, abbiamo la presunzione di risolvere con soluzioni che appaiono tanto certe quanto incerti sono in realtà le cause di tali fenomeni. Dunque non solo dovremmo deciderci a recuperare, riusare e riciclare veramente, ma dovremmo smettere di produrre infinità di rifiuti non riciclabili, ridurre i consumi e di conseguenza le attività produttive, ridurre al massimo possibile le necessità energetiche della nostra società, assai energivora ma anche, assai spesso, per motivi futili ed innecessari. I parametri inventati per calcolare la sostenibilità o meno di un prodotto sono il calcolo del ciclo di vita (LCA) e l’impronta ecologica (EF). Non voglio entrare nel merito della loro efficacia, dico solo che possono dare risultati contrastanti e che, data la infinita complessità dei calcoli e la pressoché infinita quantità di dati da analizzare e delle variabili, sono facilmente erronei e manipolabili a seconda degli interessi o delle posizioni che, più o meno in buona fede, ci si trova a difendere. Nella ricerca, puoi dimostrare tutto e il contrario di tutto, a seconda di quali dati inserisci, di come li immetti e di come li interpreti, e nelle scienze statistiche è pure peggio. Quali sono i dati attendibili? E chi li interpreta correttamente? Quali sono i dati più attendibili? Non dimentichiamoci mai che la cosiddetta “green economy” è un enorme business, come forse mai ce ne sono stati.
- Sostenibilità sociale, cioè la capacità di mantenere una condizione di benessere distribuita equamente all’interno dell’intera società. Il termine benessere include i concetti di sicurezza, salute, istruzione, giustizia e democrazia. Ora, qualcuno può sinceramente affermare che negli ultimi due decenni abbiamo assistito a un incremento di sicurezza, salute, istruzione, giustizia e democrazia? Per non parlare dell’aumento della povertà e del costo della vita!
Non sarà un caso, difatti, che l’economista tedesco Hans-Werner Sinn nel 2008 ha coniato il termine paradosso verde per definire quelle politiche ambientali che, applicate, hanno prodotto risultati opposti.
Ora, fatta questa inevitabile introduzione, torniamo al nostro uovo e alla nostra gallina. Come abbiamo visto pocanzi, uno degli obiettivi dell’agenda 2030 e della green economy da essa sostenuta dovrebbe essere il contenimento dei cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale a sua volta determinato dall’aumento della produzione di CO2 antropica cui si attribuisce la caratteristica di essere un gas serra e dunque, attraverso l’effetto serra che determinerebbe, di produrre il riscaldamento globale del pianeta con tutte le funeste conseguenze che ne deriverebbero. Si ipotizza dunque l’esistenza di una relazione perniciosa tra la produzione di CO2 antropica e l’aumento della temperatura che a sua volta determinerebbe cambi climatici e catastrofi ambientali. Che tra la CO2 e la temperatura ci sia una relazione è innegabile, ciò che, sarebbe discutibile è il senso di questa relazione per stabilire il vero rapporto di causa ed effetto. Se sia cioè la CO2 a causare il rialzo termico o sia invece il rialzo termico la causa dell’aumento della CO2. Ed ecco il perché della querelle introduttiva: è nato prima l’uovo temperatura o la gallina CO2?
A fornire la risposta a questo antico dilemma è stato, finalmente, James McInerney, professore di Biologia evolutiva all’Università di Manchester che ha dimostrato che, in realtà, l’uovo è arrivato sul nostro pianeta decisamente prima della gallina e perfino prima della comparsa degli uccelli in genere. Alcuni degli animali più primitivi, come i rettili, e quindi antecedenti alla linea evolutiva dei volatili, sono nati proprio dalle uova. Quindi, in definitiva, si può affermare con certezza che l’uovo è nato parecchi anni prima rispetto alla gallina. Questo se ci riferiamo genericamente all’entità uovo e all’entità gallina, ma se parliamo di un uovo di gallina e una gallina, vale ancora? Bene, io la metterei così: per fare una gallina ci vuole indiscutibilmente un uovo di gallina mentre per fare un uovo da cui nascerà una gallina basta una mutazione genetica. Quindi in base a questo ragionamento sarebbe un aumento fisiologico e naturale della temperatura, come peraltro si è visto accadere anche in epoche precedenti, a determinare l’aumento della CO2 e non il contrario. Possibile!? Parrebbe proprio di sì, stando ad un recente studio pubblicato su Science Journal le cui analisi sono state precedentemente ritenute rilevanti dalla British Royal Society che concludono che:” …è l’aumento della temperatura che ha causato l’aumento della concentrazione di CO2” .
Riporto l’abstract dello studio pubblicato dagli autori della ricerca e reperibile in PDF su MDPI: “L’interesse scientifico e più ampio per il rapporto tra temperatura atmosferica (T) e concentrazione di anidride carbonica ([CO2]) è stato enorme. Secondo il nesso di causalità comunemente presunto, un aumento di [CO2] provoca un aumento di T. Tuttavia, i recenti sviluppi sollevano dubbi su questo presupposto mostrando che questa relazione è del tipo uovo-gallina, o addirittura unidirezionale ma in direzione opposta a quella comunemente assunta. Questi sviluppi includono un avanzato quadro teorico per testare la causalità basato sulla valutazione stocastica di un potenziale causale collegamento tra due processi attraverso la nozione di funzione di risposta all’impulso. Utilizzando, da un lato, questo quadro e ampliandolo ulteriormente e, dall’altro, la serie più lunga disponibile in tempi moderni di misurazioni medie di T e [CO2] a livello globale, facciamo luce sulla potenziale causalità tra questi due processi. Tutte le prove risultanti dalle analisi suggeriscono un collegamento unidirezionale, potenzialmente causale, con T come causa e [CO2] come effetto. Questo collegamento non è rappresentato nei modelli climatici, anche i cui risultati vengono esaminati utilizzando lo stesso quadro, risultando in un collegamento opposto a quello osservato quando vengono utilizzate le misurazioni reali.”
Sarà forse questo il motivo per cui il Dr. Mann, ideatore della teoria del bastone da golf condensata in un grafico che ha dato origine all’opinione secondo cui la CO2 causa il riscaldamento globale, opinione poi assunta per vera da tutti coloro che avevano interesse a farlo, ha lasciato che il giudice rigettasse la causa contro il dr. Ball dopo averlo citato in giudizio per diffamazione: non ha mai presentato le prove a sostegno della propria tesi ed è stato condannato a pagare le spese legali?
Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_verde
https://www.otovo.it/blog/sostenibilita/
*Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS