IL PAYBACK e la VIOLAZIONE DI FONDAMENTALI DIRITTI

di Domenico Lavermicocca*

  1. LA FONTE NORMATIVA E LA REGOLAMENTAZIONE

Il termine pay back sta ad indicare il ripiano da parte delle società fornitrici di dispositivi medici dello sfondamento del tetto di spesa prefissato per legge per gli acquisti diretti di tali prodotti da parte degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, su determina delle Regioni. Trattasi di un sistema di tassazione e di compartecipazione delle imprese del settore dei dispositivi medici allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria.

La fonte normativa è nel Decreto Legislativo n. 78/2015 (convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2015), che introduceva tramite l’art. 9 ter – oltre alla rinegoziazione dei contratti pubblici in corso di esecuzione (ossia l’obbligo dei fornitori di acconsentire ad una riduzione del 5% dei corrispettivi, pena il recesso contrattuale) – una procedura (comma 8 e seguenti) con la determinazione, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome, di un tetto di spesa regionale/provinciale per l’acquisto di dispositivi medici, da adottarsi entro il 15 settembre 2015, e da aggiornarsi poi con cadenza biennale, fermo restando comunque il tetto di spesa nazionale fissato al 4,4%.

Tale procedura, rimasta inizialmente inattuata (salvo che per la determinazione del tetto di spesa) relativamente all’acquisto dei dispositivi medici – invece introdotta e poi concretamente implementata relativamente agli acquisti dei farmaci – è stata poi riattivata dal cosiddetto Decreto “aiuti bis” (d.l. 9 agosto 2022, n. 155, convertito con modificazioni dalla l. 142/2022) il quale, tramite il nuovo comma 9 bis dell’art. 9 ter del D.l. 78/2015, ha introdotto un iter accelerato relativamente ai superamenti intervenuti negli anni dal 2015 al 2018, a cui sono seguiti – in rapida successione – il decreto ministeriale del 6 luglio 2022 (doc. 2), di certificazione del superamento dei tetti di spesa per gli anni dal 2015 a 2018 e il decreto ministeriale del 26 ottobre 2022 (doc. 3) che ha determinato le linee guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018”.

A questo hanno fatto seguito le Determine di quasi tutte le Regioni per le quali era stato certificato il superamento del tetto di spesa per gli anni 2015-2018 (senza sforamento per le regioni Lazio e Campania, e per un importo limitato la Lombardia).

  1. IL RINVIO DEL PAGAMENTO

Le gravissime conseguenze delle richieste economiche formulate a dicembre 2022 dalle Regioni alle società fornitrici dei dispositivi medici ha determinato un problema rilevante che l’attuale governo che si è trovato ad affrontare, e la protesta delle società interessate e le azioni giudiziarie proposte hanno fatto si che, con decreto n. 4/2023 dell’11.1.2023, pubblicato nella medesima data ed entrato in vigore il 12.1.2023, sia stato disposto il rinvio al 30.4.2023 del termine “per l’assolvimento delle obbligazioni gravanti in capo alle aziende interessate”.

  1. IL GRAVE DANNO ALLE IMPRESE ED ALLA SOCIETÀ CIVILE

La norma di legge grava su tutte le società fornitrici di dispositivi medici con un danno certamente rilevante se si sommano le richieste di ripiano formulate dalle Regioni che hanno superato il tetto di spesa, risultando evidente il negativo effetto che tale disposizione determina sull’attività di impresa, sulla occupazione dei lavoratori e sulla stessa sopravvivenza delle stesse società fornitrici che hanno anche pagato le tasse sugli importi incassati a seguito dell’aggiudicazione degli appalti e che ora lo devono in parte restituire !

In pratica, le Regioni che hanno speso in sanità più di quanto programmato (e cioè più del 4,4% della loro spesa totale) possono chiedere alle aziende da cui hanno comprato gli indispensabili dispositivi medici di restituire loro una cifra pari al 50% della spesa fatta in eccesso.

La norma prevede altresì di dare corso alla compensazione di quanto dovuto per il ripiano con i crediti delle aziende fornitrici le quali non potranno incassare somme poste a bilancio per pagare i propri dipendenti e saranno costrette a pagare l’importo –  quantificato in modo peraltro non trasparente – senza aver potuto accantonare le dovute somme. In caso di omesso pagamento e di mancata compensazione, saranno assoggettate ad una procedura esecutiva.

Inoltre la richiesta alle centinaia di aziende fornitrici di un ripiano di circa 3 miliardi di euro complessivi determina una drastica decurtazione di fatturato, una immediata crisi di liquidità che, a sua volta, condurrà le aziende a subitanei tagli sulle risorse umane, a non poter onorare i propri impegni con i fornitori, a una repentina contrazione dell’attuale organizzazione sul territorio, senza poter fornire il materiale agli ospedali ed alle strutture mediche pubbliche.

In definitiva le aziende che negli anni hanno partecipato a gare regionali (in cui sono stati definiti prezzi e quantità), dopo circa 10 anni si sono viste chiedere di contribuire al 50% dello sforamento della spesa regionale, pur non essendone minimamente responsabili (sono infatti le aziende sanitarie ad aver autonomamente speso più di quanto avrebbero potuto), stabilendo i tetti di spesa regionali in maniera retroattiva. Risulta evidente dunque che il Payback dei dispostivi medici oltre a comportare il rischio di far fallire un intero settore (con gravi conseguenze per economia e occupazione nel Paese), implica che gli oneri più pesanti ricadano sui cittadini che sempre più dovranno rivolgersi alla sanità privata rinunciando a quella pubblica sprovvista di dispositivi medici adeguati.

  1. LE INIZIATIVE GIUDIZIARIE

Lo spostamento al 30 aprile 2023 del termine di pagamento del ripiano del tetto di spesa non ha certamente risolto il problema della legittimità delle Determine regionali avverso le quali sono stati proposti centinaia di ricorsi giudiziari che hanno messo in crisi anche il Giudice amministrativo nell’affrontare tutti quei contenziosi, con il Tar Lazio che in sede collegiale all’udienza del 18.1.2023 ha potuto solo rigettare le domande cautelari in quanto, atteso il rinvio del pagamento, non sussisteva il danno grave, con rinvio al merito.

La disposizione di legge che ha introdotto il Payback (l’art. 9-ter, comma 9 bis del D.L 19-6-2015 n. 78, come introdotto dall’art. 18, comma 1, D.L. 9 agosto 2022, n. 115)), a cui si è data repentina attuazione per gli anni dal 2015 al 2018, si ritiene violi la costituzione anche solo per la violazione del diritto di iniziativa economica ex art. 41 Cost. risultando evidente il danno economico che tale disposizione determina all’attività di impresa oltre al danno all’utilità sociale con il rischio concreto di un’imminente mancanza di dispositivi medici negli ospedali.

Questo oltre a considerare che la normativa che ha introdotto il cd. Payback e che attribuisce alle aziende fornitrici di dispositivi medici l’obbligo del ripiano del superamento del tetto di spesa – determinato in modo evidentemente erroneo da parte delle Regioni – oltre ad essere obiettivamente incostituzionale è incompatibile con la normativa eurounitaria e determinano un palese disallineamento della normativa nazionale (primaria e secondaria) rispetto ai più basilari principi di diritto dell’Unione Europea.

Questo oltre a motivi di illegittimità delle determine regionali afferenti la mancata partecipazione delle società fornitrici al procedimento che ha determinato la richiesta del ripiano e senza la comunicazione dei parametri su cui sono stati calcolati gli obblighi a carico delle società.

  1. IN CONCLUSIONE

Con la proroga del termine del pagamento del ripiano di spesa si è in attesa di una azione dell’attuale governo che, se anche non può evitare l’applicazione di una norma vigente e con i tempi di una eventuale pronuncia della Corte costituzionale – non compatibili con la scadenza dei pagamenti richiesti – oltre alla possibile previsione di una ulteriore proroga deve comunque prevedere un modo per sostenere la spesa sanitaria senza gravare le società che forniscono i materiali occorrenti, trattandosi di una spesa pubblica di cui deve farsi carico lo Stato, con società che hanno già comunicato la loro chiusura in caso di conferma del ripiano richiesto e comunque con il rischio della cessazione della fornitura agli ospedali di essenziali dispositivi medici.

Avvocato, membro del Gruppo Giuridico JUS EUNOMIS*

 


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