Crepet contro Crepet

Paolo Crepet, noto psichiatra e sociologo, molto attivo e presente nelle televisioni, nei teatri e nei rotocalchi e che da molto parla di adolescenza ad un pubblico sempre più numeroso, ci ha a dir poco stupiti negli ultimi due anni, ma soprattutto in una sua recente intervista del 29 Novembre su Libero
 
Conosciamo Paolo per i suoi moniti a genitori ed educatori, a favorire l’autostima dei ragazzi attraverso un metodo educativo fondato sulla promozione dell’autonomia, criticando aspramente “il nostro sistema di apprendimento [che è teso invece] non al rafforzamento delle risorse individuali e perciò autonome di chi impara, ma sulla conferma delle capacità di chi insegna”. Come psicologi e psicoterapeuti abbiamo sovente condiviso con lui, psichiatra, la critica alla omologazione secondo la quale devi aderire a quel modello mediale, ad una mediocrità condivisa a costo di alienare una parte di te.
 
All’inizio della pandemia, ed è il terribile marzo 2020, invita saggiamente tutti, sanitari e non, a mantenere una visione d’insieme, che è propria di chi conosce, la mente del singolo e del gruppo, a tener conto, non solo del virus biologico, ma anche di quello psicologico: “Certo il nonno muore, ma il ragazzino va fuori di testa”. Ricorda che “la paura dilata i problemi” e chiede al governo messaggi chiari, senza trattare “da imbecilli” i cittadini. Poi d’improvviso, e non vogliamo pensare certo che sia dipeso dall’entrata del governo Draghi, proprio colui che ieri rimproverava al CTS di non avere al suo interno una figura psicologica, inaugura la stagione del terrore: “Se c’è chi non vede l’ora di finire intubato, lo dica”. Eppure, sempre nel marzo 2020 aveva criticato la modalità della gestione pandemica, affermando che “tutto questo ha un senso per chi è sintomatico, per chi non è sintomatico vuol dire paralizzare la nazione, dando un’immagine di peste nera veneziana. Questo è falso, è comunicazione falsa”. Conosciamo infatti Paolo come una voce che, senza criminalizzare genericamente i media, rimanda giustamente, all’importanza educativa degli strumenti di comunicazione e dunque alla responsabilità di chi le crea e li gestisce. Nel marzo 2020 invita alla cautela, non essendo state fatte le autopsie e si lascia sfuggire che “Quando a Codogno ci saranno anticorpi, saranno sani e salvi” e perché oggi, se qualcuno si fa domande proprio sugli anticorpi e pone dubbi sul vaccino, li appella come ignoranti, idioti e egoisti saccenti? Ma non era proprio Paolo a criticare le famiglie che educano all’odio, a definire inutile l’uso della dell’autoritarismo? Perché tutta questa aggressività davanti al dubbio e alla richiesta di spiegazioni? Ha sempre demonizzato i social network in quanto mezzi di propagazione d’odio mostruoso che disabilita il confronto e il dibattito, ma quando un folto gruppo di medici e ricercatori ha organizzato un congresso il 3 e 4 gennaio 2022 a Roma a cui tutti gli esponenti delle istituzioni e del mondo scientifico sono stati invitati, proprio per riportare il tema della pandemia su un piano scientifico, laddove è giusto e sacrosanto che stia, non si è presentato. Tuttavia, proprio colui cha ha fatto bandiera dell’importanza della discussione, della critica financo alla lotta, è lo stesso che non accetta un pensiero diverso e lo demonizza screditandolo. Già nel 2018 aveva definito la posizione di chi fosse critico verso l’obbligo vaccinale della Lorenzin, come antiscientifica, ridicolizzandola pubblicamente in una delle sue affollate conferenze. Quoque tu che scrivi: il dubbio è una parte dell’intelligenza dell’uomo, se togliamo i dubbi agli uomini, diventano più veloci, ma anche più stupidi!
Abbiamo sempre condiviso con Paolo la visione che i ragazzi (ma anche gli adulti, perché nessuno può considerarsi arrivato) debbano essere curiosi, eccitati, aperti al cambiamento, capaci di rischiare il sicuro per l’insicuro; perché è in questo che nasce l’idea, quindi il progetto, dunque la crescita. Diversamente la sedazione, così come la paura, fa accettare tutto e rimanere in un mondo di mediocri che seguono una politica odierna basata sul consenso. Pur definendo buona parte dei ragazzi di oggi cresciuta imparando a temere ogni deviazione dallo standard normativo, ha fatto leva sul senso di colpa affinché si vaccinassero con la promessa della libertà e della sicurezza, salvo poi vederli chiusi per le festività natalizie, privandoli di ogni occasione aggregativa e molti di loro malati (comunque) e quindi costretti a quarantene. Non sente di averli traditi?
 
Paolo cita Napoleone “Il coraggio è quello delle tre del mattino: riferendosi al momento in cui sei solo, i conti non tornano e ti arrovelli e non sai come uscirne” e noi vorremmo chiedergli se sta capitando anche a lui adesso che i contagi sono altissimi anche tra i plurivaccinati, sebbene abbia sostenuto qualche mese fa che “i dati che ci dicono che dove ci sono più vaccinati e restrizioni il contagio è minore” giustificando così le nuove misure. Vorremmo tanto che fosse davvero coraggioso.
 
Ciò che ci ha poi lasciato basiti è il fatto che definisca le persone che non si sono vaccinate individui che “hanno un tratto patologico che porta all’assoluta capacità di pensare in maniera non duale” e coloro i quali siano essi medici, ricercatori o uomini di cultura, che abbiano avuto il coraggio di esprimere il loro pensiero non filogovernativo, li ha appellati come: “il tipico intellettuale narcisista con il gusto del proselitismo più che della responsabilità civile”. Vogliamo sperare che tali definizioni nascano dal fatto che sia sfuggito a Paolo, psichiatra, l’articolo n. 3 del Codice deontologico degli psicologi che recita: “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante da fatto che nell’esercizio della professione può intervenire significativamente nella vita degli altri: pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia” in lui riposta; il n. 25 “Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi”, ma anche il n. 36: “lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi”.
 
Diversamente, avventurandosi, nel fare una diagnosi a distanza di 35.000 sanitari non vaccinati di cui 2000 psicologi solo tra Toscana e Lombardia, sarebbe oltremodo imbarazzante da dimostrare clinicamente.
 
Chiudiamo questa breve riflessione proprio con una sua citazione, sulla quale sicuramente sarà d’accordo:
 
Alza la fronte.
Non farti imbrogliare da chi vorrebbe comprare il tuo consenso
con denaro o adulazioni,
non ti far bastare ciò che sono disposti a darti.
Il tempo ti dirà che le idee sono tanto più preziose quanto più sono diverse.
Dr. Silvano Tramonte
Coordinatore Gruppo Medico Scientifico EUNOMIS