di Silvano Tramonte*
Titolone su Dottnet, rivista online professionale: “Influenza, superati i record precedenti: le responsabilità del debito immunitario.”
Ora il problema è l’influenza! I record crollano e ci sono delle responsabilità da attribuire a qualcosa e dunque a chi quel qualcosa ha determinato. Ma di che rischio parliamo, in realtà? Giacché quel che conta è la quantificazione del rischio ma più ancora, nella realtà pratica, la quantificazione del danno. E il danno indiscutibile è il numero dei morti. L’ISS ci dice che: “…diversi studi pubblicati utilizzano differenti metodi statistici per la stima della mortalità per influenza e per le sue complicanze. È grazie a queste metodologie che si arriva ad attribuire mediamente 8000 decessi per influenza e le sue complicanze ogni anno in Italia.” Bene, abbiamo un parametro di confronto e di misura, dunque vediamo come, a fronte di un abbattimento di tutti i record precedenti in termine di numero di casi, si configura il danno e cioè il numero di morti.
Sempre l’ISS: “Di seguito è riportato un riepilogo degli indicatori disponibili:
- Casi gravi: I dati sulle forme gravi e complicate di influenza confermata saranno pubblicati non appena disponibili.
- Mortalità: durante la 16a settimana del 2022 la mortalità (totale, non solo influenza*) è stata in linea con il dato atteso, con una media giornaliera di 252 decessi rispetto ai 230 attesi.
* Nota: indicatore ricavato dal sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg), basato sulla rilevazione in 20 città campione italiane che raccolgono quotidianamente il numero di decessi per gli ultra65enni per tutte le cause (non solo per influenza). Tale numero viene confrontato con quello atteso costituito dalla media dei decessi registrati nei cinque anni precedenti.
Dunque, in buona sostanza, non sappiamo quanti casi gravi abbiamo avuto e il numero dei morti è in linea con la normalità. Quindi? Di che stiamo parlando? Per quanto riguarda il danno (numero di morti) ancora non lo sappiamo ma intanto, per non sbagliare, cominciamo a preoccuparci. Per quanto riguarda il numero di casi, che in fondo sono solo segnalazione di medici di medicina generale e pediatri, possiamo legittimamente preoccuparci perché sono decisamente in aumento. Vedremo poi quanto preoccuparci ma ora chiediamoci perché aumentano i casi. Ed ecco che entra in gioco il già famoso “debito d’immunità”! È lui il responsabile ed è un debito che, in quanto tale, dovremmo cercare di pagare se non vogliamo che la situazione peggiori. Ma quale situazione e che succede se peggiora? Vediamo allora cos’è sto debito. In pratica il debito d’immunità è una ridotta protezione immunitaria risultato della mancanza di esposizione a un patogeno o a più patogeni. Diciamola così: se vivessimo in un mondo sterile non potremmo più uscirne perché se ci azzardassimo a farlo verremmo in contatto con una infinità di patogeni verso i quali non avremmo alcuna protezione e moriremmo in brevissimo tempo. Questa condizione non si determina mai: quando usciamo dalla placenta abbiamo la scorta di anticorpi che ci ha passato mamma e mano a mano che questa difesa si esaurisce aumenta quella che ci facciamo da noi entrando in contatto direttamente coi microrganismi che stimolano e addestrano il nostro sistema immunitario. Dunque vivere in un mondo sterile sarebbe più che pericoloso, sarebbe mortale. Ma allora tutti i tentativi di sterilizzare il mondo in cui viviamo sono sbagliati!? Si, sono sbagliati. Eccesso di protezione è sempre sbagliato. Il troppo stroppia sempre. Vivere rinchiusi per tre anni, se non del tutto fisicamente ma in parte fisicamente e del tutto mentalmente (c’è gente che gira ancora con la mascherina ed evita ristoranti e cinema e continua a disinfettarsi le mani) non ci ha fatto per niente bene ma ci ha ridotti in una condizione di debito d’immunità. Ora, capiamoci bene però, è un debituccio, roba da poco, ma è un avviso di ciò che non dobbiamo fare: eccedere nel proteggerci. Un’altra cosa che dobbiamo ricordare è l’ignoranza che abbiamo in medicina e che questa non è una scienza esatta; questo vuol dire incertezza. Incertezza sulle cause e sui rimedi, incertezza sulle interpretazioni e le conclusioni. Una certezza che però abbiamo è che il rischio zero non esiste e che per immunizzarsi bisogna entrare in contatto coi patogeni. È vero che esiste una memoria immunitaria, certo, ma è anche vero che i virus influenzali sono molto mutevoli e se si evita di esporsi a tali virus si evita di aggiornare la memoria, che resterà ferma all’ultimo contatto e dunque poco aggiornata. La mancanza di aggiornamento ci rende più esposti ai virus in circolazione oggi ed ecco il perché dell’aumento di casi. Se parliamo di antivirus informatici ci capiamo subito: lo facciamo l’aggiornamento al sistema antivirus del computer appena disponibile; ebbene è la stessa cosa. L’antivirus resta efficace per i virus che conosce ma non per quelli che non riconosce perché mutati. Allora, come sempre, la ragionevolezza deve prevalere e sarà bene ricordare la massima nicomachea in medio stat virtus. O anche, con Orazio, est modus in rebus. Non sono equivalenti i significati, giacché dire che la virtù sta nel mezzo non è proprio come dire che c’è una giusta misura nelle cose, un giusto modo di farle, ma il concetto è quello di stare lontani dagli eccessi e trovare la giusta misura. E la via di mezzo, come al solito, è il giusto compromesso. Non è una formula matematica, nessuno saprà mai qual è la misura giusta, ognuno se la deve trovare da sé secondo il proprio modo di essere o i saggi consigli che riceve. Non bisogna avere paura di vivere, anche qui, in medio stat virtus, insomma, una cosa giusta!
Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS*