Fidarsi della Scienza

“Io credo nella scienza” è il tormentone che imperversa. In nome di questa fede cieca ci si immola sull’altare di un dio vaccino e si crede in lui e nella di lui madre scienza, e si pretende che tutti ugualmente si immolino. Se invece credi in quello che hai studiato e verificato e attuato in decenni di professione (fisiologia, patologia, microbiologia, virologia, farmacologia ecc.) e metti in discussione il nuovo credo allora sei un novax untore e antiscientifico. Ai tempi di Galileo, la scienza era quella che lo accusava. Era il 1633. Duecento anni dopo o poco più, la stessa scienza accusò Ignac Semmelweis, reo di avere scoperto le origine della febbre puerperale e di aver salvato centinaia di donne, e lo condannò: il mondo medico che per principio rifiutava di ammettere che i medici stessi potessero essere degli “untori”. Uno dei suoi più accaniti oppositori fu Rudolf Virchow, considerato il padre della patologia cellulare. Incredibile, eppure… Semmelweis fu licenziato. La comunità scientifica dell’epoca gli si scagliò contro e alla fine Semmelweis fu ricoverato in manicomio, dove morì di setticemia per le ferite inflittegli dalle guardie. Era il 1865. Nel 1879 Luis Pasteur dimostrò che Semmelweis aveva ragione. Cento anni dopo, la scienza osteggiò in ogni modo possibile l’implantologia dentale endossea nata in Italia affermando con “certezza” che un impianto avrebbe stabilito una via d’ingresso per virus e batteri e i pazienti sarebbero tutti morti di setticemia. Grandi pionieri dell’implantologi vennero minacciati di scomunica e radiazione se non avessero abiurato. Ci vollero 40 anni per ammettere il valore di quelle intuizioni e delle scoperte dell’implantologia di Scuola Italiana e oggi tutti usano impianti in titanio, fanno il carico immediato e lo fanno senza tagliare la gengiva. Dunque, c’è una scienza che sbaglia e una che non sbaglia. C’è una scienza sbagliata che processa e condanna una scienza giusta?
 
Ha senso, fidarsi della scienza? La scienza è qualcosa di cui ci si fida, ci si deve fidare?
 
O non è forse vero che la scienza ci deve dimostrare che una cosa è giusta o sbagliata, ci deve convincere che dobbiamo fare qualcosa perché quella è la cosa giusta da fare. Ma se la scienza in questione è la medicina, parlerà per bocca dei medici. No? Dovrebbe essere così. E’ il medico che ci dice cosa fare se siamo malati, che terapia assumere tra le diverse opzioni, se prendere o no un determinato farmaco, fare o no un vaccino. La scienza, attraverso le parole del medico, ci convince. E ci convince perché noi ci fidiamo del medico. Non ci fidiamo della scienza, non la conosciamo nemmeno, ci fidiamo del medico che la conosce. Ma se il medico mi dice che mi devo fidare della scienza vuol dire che è stato capace di perdere la mia fiducia e invoca qualcuno o qualcosa che io nemmeno conosco, se sono un paziente. E come faccio a fidarmi della scienza, alla cieca, non potendomi più fidare di chi a questo mi vorrebbe convincere? Questo è il dramma del paziente. Ma se questo paziente ha subito un bombardamento mediatico incalzante, quotidiano, manipolatorio che succede? Succede che magari non riesce più a fidarsi di quel medico che invece è quello che si preoccupa davvero del suo interesse, ma appare eretico, antiscientifico. E, credendo al messaggio condizionante, si affida alla scienza, o a quello che la maggioranza dei medici dicono che sia la scienza. E in realtà non sceglie ma segue la strada che qualcuno ha deciso per lui. Allora ecco, il punto della questione non è la scienza, ma il medico. Il medico decide, traccia il cammino con le sue decisioni, con le sue opinioni, con le sue credenze e pregiudizi quando la scienza non ha certezze o evidenze, ancora. E come fa? Dovrebbe, semplicemente applicare la propria sapienza medica, le nozioni acquisite, i comportamenti etici indiscutibili e ricorrere alle proprie conoscenze e alle proprie esperienze. E non dovrebbe sbagliare di fronte ad un farmaco sperimentale. Non può! Ma il paziente che si trova di fronte al bivio scientifico, un sì o un no, cosa fa?
Non si deve scegliere tra due posizioni scientifiche diverse e opposte sulla base della fiducia. Fiducia in che? Non ha senso dire “mi fido della scienza”. Ha senso dire mi fido di tizio o di caio per le dimostrazioni che hanno dato di meritare la fiducia.
Io, che sono medico, non mi fido affatto della scienza perché la scienza non esiste…è un concetto astratto…è come dire mi fido dell’onestà… io mi fido del mio giudizio e delle mie valutazioni sulle dimostrazioni che la scienza è in grado di darmi. Il ricercatore non è un medico e fa il suo mestiere, il mio è valutare clinicamente il suo lavoro, io sono lo scudo protettivo tra il paziente e tutto il resto: produttori, venditori, politici, economisti, affaristi, commerciali e marketing… e sta diventando sempre più difficile!! Io sono lo scudo protettivo tra gli errori degli uomini che agiscono in nome della scienza, spesso in buona fede ma a volte anche in mala fede, e il mio paziente.
Spesso il ricercatore è uno “sponsorizzato”; sì, spesso lo è ma non è questo il peggio. Il ricercatore è sottoposto a una pressione bestiale! E comunque anche se fosse onesto e sincero e corretto non è un medico: la sua è una professione quella del medico una missione. O almeno così dovrebbe essere…
 
Quindi dobbiamo prendere tutto quel che viene senza discutere? Attenzione: ci sono innovazioni inutili e ce ne sono di pericolose!
A questo punto si rende necessario chiarire cosa sia la scienza.
 
Da TRECCANI:
scienza Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati.
In particolare, la s. moderna rappresenta l’insieme delle conoscenze quale si è configurato nella sua struttura gerarchica, nei suoi aspetti istituzionali e organizzativi, a partire dalla rivoluzione scientifica del 17° secolo. Fu concepita inizialmente (principalmente con G. Galileo) come concezione del sapere alternativa alle conoscenze e alle dottrine tradizionali (relative al modello aristotelico-tolemaico), in quanto sintesi di esperienza e ragione, acquisizione di conoscenze verificabili e da discutere pubblicamente (e quindi libera da ogni principio di autorità).
Il tema è deflagrante e non è facilmente comprensibile, non perché manchi l’intelligenza, ma perché dire che non bisogna fidarsi della scienza è un’affermazione alternativa così lontana dall’affermazione che si è imposta come verità dimostrata in questa contingenza pandemica per rendere accettabile ciò che accettabile non è, da risultare strana. Allora vediamo di chiarire: è giusto fidarsi della scienza di fronte a verità dimostrate ed acquisite (es. la terra è sferica, gli antibiotici non funzionano sui virus, la tachipirina non è un antinfiammatorio ecc. ecc.) ma di fronte all’ignoto la scienza non ha né certezze, né evidenze, né acquisizioni. E se la scienza non ha certezze non ha nulla. Perché le ipotesi e le teorie appartengono al metodo non alla conoscenza scientifica: scommesse ancora tutte da dimostrare. Bene. Dunque dire che bisogna aver fiducia nella scienza per accettare di subire un intervento di cui non si sa nulla e non si ha alcuna evidenza, è un non senso. Significa dire: fidati che la scienza è buona, giusta, preoccupata di non farti del male. Ma questa è una contraddizione in termini perché, se la scienza si preoccupasse di non procurarmi danni, non mi costringerebbe ad assumere trattamenti sconosciuti e imprevedibili perché il suo riferimento dovrebbe essere il principio di massima precauzione, come è sempre stato e sempre dovrebbe essere. Inoltre, non è la scienza ad obbligarmi ma un’autorità governativa che forza i suoi limiti di azione, li supera abbondantemente ed invoca la scienza per imporre qualcosa che di scientifico non ha nulla poiché manca di quelle evidenze e certezze che lo renderebbero tale. Evidenze e certezze che richiedono anni di studi, esperimenti e osservazioni cliniche sperimentali. Si confonde allora raffinata tecnologia scientifica con scienza, il mezzo con il fine. Come confondere il bisturi con un intervento chirurgico. Mi si potrebbe obiettare che il bisturi non è tecnologico, va bene, allora parliamo di laser chirurgico.  Io non mi fido del laser ma di chi lo maneggia e della grandissima esperienza che si è accumulata col suo utilizzo, in oftalmologia per esempio, ed è quella che costituisce l’evidenza di cui fidarsi.
A questo punto della discussione, fatta oramai centinaia di volte, di solito il mio interlocutore, sovente un collega, mi chiede con aria di sfida: “Va bene, allora TU COSA AVRESTI FATTO? E COSA PROPONI?”
L’ho detto molte volte, ma lo ripeterò a imperitura memoria:
1.     Applicare il piano pandemico nazionale. Li c’era scritto tutto, anche se dicono non fosse aggiornato.
2.     Creare corridoi sanitari.
3.     Preoccuparsi degli approvvigionamenti fondamentali nel mese di febbraio.
4.     Organizzare gli ospedali per l’emergenza infettiva.
5.     Approntare e distribuire dispositivi di protezione.
6.     Subito dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza, dare istruzioni precise alla popolazione.
7.     Fare informazione e comunicazione corretta.
8.     Al primo morto fare autopsia e istologie degli organi.
9.     Chiedere ai medici di visitare i pazienti a domicilio.
10.           Approntare protocolli terapeutici adeguati sulla base dei riscontri autoptici.
11.           Creare gruppi di studio terapie domiciliari e vietare l’uso della tachipirina e della vigile attesa.
12.           Circoscrivere i focolai ad alta virulenza nelle fasi iniziali.
13.           Tamponare, tracciare, trattare fino a quando i focolai fossero circoscrivibili
14.           Passata l’esplosione iniziale tornare velocemente alla normalità per la maggioranza della popolazione sana, proteggere i fragili dal contagio ma lasciare circolare il virus riducendone la velocità di contagio per produrre immunizzazione naturale.
15.           Spingere la ricerca principalmente verso le terapie e secondariamente verso i vaccini.
16.           Non bloccare i voli dalla Cina, rendendone incontrollabili i rientri grazie a tratte alternative ma controllare i viaggiatori di rientro e metterli in quarantena.
17.           Concentrarsi su rallentare la diffusione e non tentare di fermarla.
18.           Le chiusure dovevano essere considerate una risposta d’emergenza ad una situazione d’emergenza.
19.           Preoccuparsi del tessuto economico della nazione.
20.           Non puntare al rischio zero.
21.           Non puntare all’immunità di gregge.
22.           Non usare farmaci sperimentali a nuova tecnologia.
23.           Non distruggere la deontologia medica.
24.           Non costringere i medici ad assumere comportamenti sbagliati con minacce e ricatti.
25.           Se proprio si dovevano usare i vaccini istituire la farmacovigilanza attiva.
26.           Volendo usare vaccini preferire quelli virus ucciso ammesso che poi lo si abbia questo virus o, meglio, a proteina purificata e inattivata.
27.           Pretendere una sperimentazione adeguata.
28.           Cosa dovrebbe fare Draghi? Leggersi questi 26 punti e attuare quelli ancora attuabili.
29.           Tornare alla normalità e accettare il rischio di vivere puntando all’endemizzazione come alla normale evoluzione e risoluzione del problema.
30.           Favorire e accettare un confronto scientifico libero e ragionevole.
 
Alla fine, invece, quello che conta è vaccinare! Non cosa sia giusto o sbagliato, ma che tutti siano vaccinati, che si faccia parte del gruppo, della categoria dei sierati ed è questo quello che conta. IO, individuo, non conto più. Non importa cosa penso, l’importante è che sia sierato, della famiglia; se sono sierato mi si perdona tutto. Ed è questa la vera tragedia, ciò che dimostra quanto sia antiscientifica e perversa la priorità odierna: sierare tutti. Come se il fine ultimo sia quello e non l’immunità. Il fine ultimo è iniettare. Come se dentro ci fosse qualcosa che fa si che i sierati siano i giusti, o meglio, gli appartenenti alla casta, quelli col marchio CE, approvati e forse anche arruolati. Dell’immunità non frega niente a nessuno. Se l’immunità fosse importante sarebbe considerata davvero, ci si ricorderebbe che l’immunità naturale è più duratura e più efficace. Ci si ricorderebbe che esiste anche quella e la si considererebbe e favorirebbe invece la vogliamo distruggere coi sieri. Ma perché? Qualcuno mi spiega perché mai si dovrebbe somministrare il siero anche a chi ha fatto la covid? Sulla base di quale ragionamento scientifico, di quale evidenza No, semplicemente non viene considerata. Anzi, viene considerata come una seccatura, un intoppo, qualche cosa che scombussola uno schema. Ecco a cosa siamo arrivati, a questa assurdità antiscientifica e mentre la giustifichiamo e la corroboriamo siam o qui a discettare di scienza e a invocare la fiducia in lei. RIDICOLO!!!

Dr. Silvano Tramonte
Coordinatore Gruppo Medico scientifico EUNOMIS