di Silvano Tramonte*
Il 25 novembre ho dato una conferenza al Policovid22, grande evento scientifico che avrebbe dovuto rappresentare finalmente un definitivo confronto scientifico sulle differenti posizioni concettuali riguardo la gestione della pandemia e tutti i temi relativi. Purtroppo, all’ultimo momento i relatori ufficiali del CTS e dell’ISS sono stati ritirati, di conseguenza l’Università di Torino ha ritirato il patrocinio dell’evento e così una grande occasione di ricomposizione di ogni e qualunque contrapposizione sia sul piano scientifico e sia sul piano sociale, è tragicamente sfumata e il paese resta diviso su tutto. Oggetto della mia conferenza era la questione morale. Giusto e sbagliato attiene alla scienza, bene e male attiene alla morale. Si è discusso all’infinito su ciò che fosse giusto e sbagliato e oggi sappiamo per certo cosa fosse giusto e cosa sbagliato sebbene la politica non riesca ad ammetterlo altrettanto facilmente della scienza, ma quanto al problema morale non se ne è discusso affatto: ci si è limitati a fare affermazioni grossolane e avulse dai concetti morali classici ma nessuna discussione si è determinate al riguardo, e caso mai le posizioni assunte ufficialmente sono state assolutamente discutibili e strumentali. Per questo comincio da ora una serie di articoli sulla questione morale per diffonderne le verità e i principi e aumentare la consapevolezza delle persone e la loro capacità di sviluppare un atteggiamento critico del tutto doveroso e necessario per la restaurazione di una condizione sociale e di una società più attente e rispettose dei diritti fondamentali dell’uomo, delle sue libertà fondamentali e degli imperativi etici che sempre dovrebbero regolare le umane cose e l’umana condizione.
Intanto chiariamo una cosa fondamentale: il criterio morale non è discutibile, come non lo è la legge. La morale è normata da regole precise, assunte come indiscutibili e inderogabili, riunite in un Codice Deontologico la cui mancanza di rispetto da origine ad azioni sanzionatorie da parte di chi è deputato a controllarne il rispetto. Dunque, non vi esporrò delle opinioni personali ma mi limiterò a informarvi su quanto prescrive il Codice Deontologico dei medici e su come sia stato disatteso nella maggior parte dei suoi articoli da chi, in realtà, avrebbe dovuto per primo rispettarlo.
Quelle che seguono, dunque, e che saranno argomento dei prossimi articoli, sono alcune considerazioni di ordine logico e morale sul fenomeno pandemico, la sua gestione, il comportamento dei medici e, soprattutto, la caduta del cardine secolare in medicina: la centralità del paziente.
Perché tradire il Codice Deontologico è tradire il paziente, venire meno al giuramento d’Ippocrate, tradire la missione del medico.
Oggi, chi non si vaccina è visto come un reietto, un nemico, uno scarto della società, un traditore o addirittura un sorcio da stanare o da murare nella sua tana, come qualche famoso collega ha affermato. Ma perché? Perché, secondo la “loro” communis opinio, chi non si vaccina, sostanzialmente, metterebbe in pericolo tutti gli altri. Ma gli altri, sono i vaccinati, la preoccupazione è loro. La paura è loro. E io non posso evitare di chiedermi perché sono preoccupati, hanno paura e si sentono in pericolo. Loro. È strano, i non vaccinati son tranquilli e i vaccinati no. Ma che strano fenomeno è mai questo? Mai prima d’ora si è verificato questo effetto paradosso del vaccino: chi più si vaccina più teme i non vaccinati. E li discrimina. Ma la discriminazione non è accettabile nel medico, il medico accoglie tutti e cura tutti. O così dovrebbe fare!
Dunque, e invece, i non vaccinati sono gli untori per tutti, anche per i medici, sono i nemici da schiacciare, imprigionare, condannare alla perdita dei diritti civili come delinquenti, anzi, peggio dei delinquenti perché a costoro si riconosce il diritto all’assistenza sanitaria. Ai non vaccinati no. Se la devono pagare. E qualcuno è arrivato a dire che non dovrebbero aver diritto nemmeno a quello, e piuttosto dovrebbero assumersi il peso e la responsabilità delle proprie decisioni: non ti vaccini? Bene, se ti ammali muori! Altri, più generosi, concederebbero le terapie ma con sufficienza, lasciandoli aspettare e magari facendo dieci buchi prima di trovare una vena, come affermato da un’infermiera sui social. Non mi stupisco della gente comune, che si lascia influenzare dai mâitre à penser, (e come potrebbe essere altrimenti: son lì apposta per influenzare), mi stupisco dei medici. Anzi, inorridisco per il fatto che un medico possa perdere completamente il senso morale della propria missione. Non solo, ma nessuno gli solleva eccezioni. E il comitato di bioetica, tanto impegnato a giustificare funambolicamente la vaccinazione nei bambini arrivando persino ad incitarli alla disobbedienza, alla ribellione e alla fuga dal controllo genitoriale, di fronte a un tale abominio che fa? Non solo giustifica ma sostiene. L’Ordine dei Medici che fa? Non solo giustifica ma sostiene. È di poche settimane fa un rito vaccinale, pubblico proprio nella sede dell’Ordine di Milano, per riaffermarne le rigorose posizioni tetragone ad ogni scientifica evidenza. E di pochi giorni fa è la proposta dell’Ordine di modificare il codice deontologico per inserire un articolo che vieti al medico di sconsigliare i vaccini e lo obblighi a vaccinare se chiamato a farlo. Obbligandolo di fatto a tradire il la sua missione. Vi accompagnerò articolo dopo articolo lungo tutto il percorso del Codice Deontologico perché siate edotti di quello che avevate, che dovreste avere ancora e che invece avete perso e perderete.
Abbiamo davvero perso la bussola etica, morale, e giuridica. Quello della persona, secondo la Costituzione, è un diritto di ordine superiore, dunque, tutto questo invocare il bene della collettività come un dovere, non solo è una forzatura e una falsità, dato ciò che ormai si sa la verità sui vaccini, ma addirittura si pone in contrasto col dettato costituzionale. Il tema etico non è di così facile trattazione poiché è tema filosofico e può esitare in posizioni personali che, giuste o sbagliate che siano, non possono essere discusse al di fuori della tenzone dialettica. Resta la questione morale ma la questione morale offre caratteristiche ben precise: è discutibile concretamente, è chiaramente normata, è cogente. La trattazione che seguirà riguarda appunto la questione morale e non sarà l’espressione di una posizione personale ma la divulgazione di un corpo normativo esistente e definito che costituisce il Codice Deontologico [1] della professione medica e che nessuno, e dico nessuno, può infrangere senza esporsi ad interventi sanzionatori da parte dell’Ordine. O così dovrebbe essere. E così di solito è, ma la covid pare che abbia spazzato via buona parte di quelle regole sacrosante e le abbia sostituite con una sola: il medico non è più quello che è sempre stato ma diviene Pubblico Ministero e Giudice ad un tempo condannando quello che fino a ieri era l’oggetto delle sue cure e delle sue preoccupazioni e il cui interesse sovrastava qualunque altro: il paziente.
La mia disanima del Codice Deontologico nella sua versione attuale, e del Giuramento d’Ippocrate che lo precede e ne costituisce la radice millenaria, è rivolta a quei medici che si sono allontanati dalla retta via affinché siano informati di quelli che dovrebbero essere i loro doveri, gli obblighi e gli atteggiamenti morali e che si sono invece fatti influenzare o condizionare da cattivi consiglieri lasciandosi trascinare verso posizioni assolutamente immorali. È rivolta ai pazienti tutti perché sappiano quale dovrebbe essere, in vero, il dovere del medico. Affronterò solo gli articoli di rilevanza rispetto appunto alla questione morale della relazione medico-paziente.
1 – https://portale.fnomceo.it/codice-deontologico/
Il giuramento d’Ippocrate risale al IV secolo a.C. e rappresenta il testo scritto da Ippocrate di Coo che doveva essere sottoscritto da chiunque volesse entrare nella sua scuola per apprendere e praticare l’arte medica, dunque era un vero e proprio impegno morale che Ippocrate voleva si prendesse nei confronti della missione che ci si impegnava ad intraprendere e che rappresentava la prima forma di rapporto di fiducia tra il paziente che gli si affidava e il medico che lo metteva al centro della propria considerazione. Non lo riporterò per intero ma solo i passaggi fondamentali:
“Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, MI ASTERRÒ DAL RECAR DANNO E OFFESA.”
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.”
In queste poche parole ci sono i principi fondamentali del comportamento medico: non fare nulla che possa essere dannoso per il paziente, nemmeno se richiesto dal paziente stesso. È questo un principio fondamentale per cui il medico dovrebbe astenersi da qualunque pratica o terapia che sappia essere nociva quandanche fosse lo stesso paziente a richiederla. Per garantire questo al paziente, il medico dovrebbe prescrivere solo farmaci della cui innocuità sia certo, dunque farmaci noti e terapia sperimentate. Cosa che non è affatto accaduta coi farmaci a base di mRNA utilizzati contro la covid19, farmaci sconosciuti, mai utilizzati prima, e di cui nemmeno si sapeva se fossero o no efficaci. La frase finale anticipa il principio garantire a tutti le cure a domicilio e quello di non discriminazione: per il medico tutti i pazienti devono essere soccorsi e visitati al proprio capezzale e sono tutti uguali, qualunque sia la classe sociale di appartenenza. Questi due anni e mezzo hanno visto mettere in pratica, invece, discriminazioni abominevoli, non solo da parte del decisore politico, che sarà andato contro il dettato Costituzionale, ma anche, e soprattutto, da parte dei medici che hanno iniziato astenendosi dal visitare i pazienti e curarli a domicilio, astenendosi dal somministrare loro farmaci terapeutici, e infine discriminandoli a seconda che fossero vaccinati o non vaccinati.
Continua.
Medico chirurgo e consigliere Direttivo EUNOMIS*