Le ultimissime disposizioni in materia di Covid e gestione dei casi di positività nelle scuole hanno reso operativa tutta una serie di provvedimenti che finora erano solo vagamente ventilati e velatamente minacciati: gli studenti non vaccinati sono di fatto esclusi dalle lezioni in presenza e relegati in DAD, subito dopo aver impedito loro l’accesso ai mezzi pubblici per raggiungere le scuole.
Dopo più di un anno di riflessioni e di tentativi di sensibilizzazione in merito a quello che, ai nostri occhi, è immediatamente parso un problema da non sottovalutare, siamo arrivati a quanto si temeva con fondate ragioni: la Didattica online (definita impropriamente DAD o DID/DDI) snaturata completamente, è diventata uno strumento di discriminazione in una scuola che, mentre sventola idealmente la bandiera dell’inclusione, nei fatti è più che mai lontana dalla concreta attuazione della stessa… ma del resto la scuola è lo specchio della società, una società diventata schizofrenica che, mentre difende spesso senza reale coinvolgimento empatico, ma perché “fa tendenza”, i diritti delle minoranze, si rallegra per i provvedimenti posti in essere verso le nuove “minoranze”, vale a dire quanti, pur esercitando un diritto di scelta previsto dalla stessa legge, rifiutano per le più svariate ragioni di vaccinarsi.
Inutile ricordare, per chi ogni tanto lo dimentica, che formalmente non vige ad oggi obbligo vaccinale per i minori e che, in molti casi, la vaccinazione è per loro stessi sconsigliata, se si va ad approfondire aspetti prettamente scientifici quali il rapporto rischio/beneficio. In ogni caso la scelta di un genitore, che nel dubbio lascia prevalere il principio di precauzione, è legittima e rispettabilissima, laddove i minori stessi difficilmente corrono rischi in caso di infezione e, in ogni caso, vaccinati o non vaccinati oggi più che mai con la nuova variante Omicron, contraggono e trasmettono il virus pressoché in egual misura.
Per chi volesse approfondire l’argomento, che esula dalle specifiche competenze della scrivente, rimandiamo a una più ampia letteratura scientifica (a titolo esemplificativo, suggeriamo un link molto ricco di documentazione https://www.rwmalonemd.com/references).
In questa sede ci occuperemo meramente di didattica, non di salute, per quanto a volte i due ambiti si tocchino e, mai come in questi anni, finiscano per interconnettersi e interferire, ahimè, maldestramente…
Nella nostra ventennale e pionieristica esperienza sul campo, possiamo affermare con certezza che la didattica online rappresenta una preziosa risorsa per il sistema scuola se idoneamente praticata, soprattutto nella modalità mista e non esclusiva (salvo casi particolari), fungendo da vero e proprio stimolo e sprone per il superamento di modelli rigidi e cristallizzati, a favore dell’adozione di didattiche innovative, attive, partecipative, per abbracciare insomma il cambiamento che da anni tutti auspichiamo e sollecitare l’inclusione stessa, permettendo con le dovute misure di prevenire l’abbandono e di raggiungere anche quegli studenti che, diversamente, non potrebbero esercitare appieno il diritto allo studio. L’emergenza Covid è l’esempio più eclatante, ma vi sono numerosi casi e situazioni in cui il supporto online sarebbe determinante per ridurre drasticamente la dispersione e consentire l’accesso all’istruzione per fasce di popolazione oggi tagliate fuori (anche adulti, lavoratori, persone con problemi di salute, ospedalizzati, figli di professionisti itineranti ecc…)
Ora che il mondo è pieno di esperti di DAD i quali, senza conoscerne la più intima natura, sono pronti a sottolinearne superficialmente limiti e difetti, sorprenderà sapere che quella praticata nell’era covid non ha niente a che vedere con l’e-learning, ma è una mera didattica di emergenza, una modalità improvvisata senza adeguati strumenti e competenze. E di questa si sta impropriamente dibattendo oggi…
Eppure, dopo anni e anni di indifferenza e pregiudizio della scuola verso la didattica online, non vi sono ancora sufficienti conoscenze nel mondo scolastico di quello che essa, nelle sue declinazioni varie, blended soprattutto, rappresenti e di cosa possa realmente offrire. Le stesse famiglie si sono trovate a fronteggiare una didattica raffazzonata e improvvisata, con non pochi disagi.
Infatti, la DAD effettuata nelle nostre scuole da marzo 2020 si è svolta (erroneamente) attraverso attività di trasmissione dei contenuti quali le lezioni in sincrono, in videoconferenza, alla maniera delle lezioni frontali: orari di lezione magicamente trasposti nel virtuale, docenti ignari del reale funzionamento dell’e-learning; video lezioni realizzate senza competenza di mezzi, ma soprattutto delle specifiche metodologie didattiche e comunicative richieste. Troppi sistemi diversi, frammentari, non integrati e coordinati hanno generato confusione e ridotto l’efficacia dei percorsi didattici, spesso generando un surplus di lavoro per i docenti e, certamente, per le famiglie.
Su questo terreno, forse costruito ad arte, forse dovuto come sempre all’impreparazione e alla diffidenza verso l’innovazione e il cambiamento, si è strutturata scientemente una progressiva demonizzazione della DAD tanto che essa è divenuta lo spauracchio sventolato a fine punitivo e ricattatorio. E a tanto siamo arrivati, come già previsto nei vari webinar e interventi dei mesi scorsi, quando instancabilmente denunciavamo una particolare tendenza dei media, che fornivano informazioni devianti (ma a questo punto, dovremmo dire, precognitive), arrivando a titolare a chiare lettere “i vaccini anti-dad” in modo palesemente strumentale e, al tempo (maggio/giugno 2021), falso… probabilmente siamo stati ingenui, il programma era già chiaro e definito, e difatti ha trovato piena attuazione nelle ultimissime disposizioni. Rimandando al testo integrale chi volesse approfondire, riportiamo solo la parte incriminata ( https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuola-gestione-dei-casi-di-positivita-inviata-la-nota-operativa-per-l-applicazione-del-decreto-legge-approvato-il-5-gennaio)
“Nuove modalità di gestione dei casi di positività all’infezione da SARS-CoV-2
Nota del Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell’Istruzione e della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute n. 11 del 8 gennaio 2021, relativa alle nuove modalità di gestione dei casi di positività all’infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico art. 4, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1 – prime indicazioni operative”. […]
“OGGETTO: nuove modalità di gestione dei casi di positività all’infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico – art. 4, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1 – prime indicazioni operative A seguito dell’emanazione del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, con particolare riferimento all’art. 4, risulta aggiornata la disciplina per la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico. Con la presente circolare si ritiene utile fornire prime indicazioni di carattere applicativo relative alle disposizioni normative recentemente emanate nell’ottica di coniugare l’imprescindibile esigenza sociale ed istituzionale della prosecuzione della didattica in presenza con il principio di assicurare la sicurezza sanitaria e il contrasto alla diffusione del virus in questo difficile contesto di emergenza sanitaria. Di seguito sono riprese le prescrizioni di cui al decreto-legge distinte secondo il diverso grado di istruzione”.
“Scuola secondaria di I e II grado e percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP)
In presenza di un caso di positività nella classe vengono disposte le seguenti misure. […]
In presenza di due casi positivi nella classe, le misure previste sono differenziate in funzione dello stato vaccinale:
A) per gli alunni che non abbiano concluso il ciclo vaccinale primario o che lo abbiano concluso da più di centoventi giorni, che siano guariti da più di centoventi giorni e ai quali non sia stata somministrata la dose di richiamo si prevede:
· attività didattica: è sospesa l’attività in presenza, si applica la didattica digitale integrata per la durata di dieci giorni;
· misura sanitaria: quarantena della durata di 10 giorni con test di uscita – tampone molecolare o antigenico – con risultato negativo.
B) per gli alunni che abbiano concluso il ciclo vaccinale primario, o che siano guariti, da meno di centoventi giorni e per coloro ai quali sia stata successivamente somministrata la dose di richiamo, si prevede:
· attività didattica: in presenza con l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 per almeno 10 giorni; si raccomanda di non consumare pasti a scuola a meno che non possa essere mantenuta una distanza interpersonale di almeno due metri;
· misura sanitaria: Auto-sorveglianza.
Per il caso in esame corre l’obbligo di precisare che, alla luce della nuova normativa, i requisiti per poter frequentare in presenza, seppur in regime di Auto – sorveglianza, devono essere dimostrati dall’alunno interessato. L’istituzione scolastica, per effetto dell’intervento legislativo, è abilitata a prendere conoscenza dello stato vaccinale degli studenti in questo specifico caso. Ai sensi di quanto previsto dalla norma di legge, infatti, nell’ipotesi in cui si siano verificati due casi positivi nella classe, è consentito proseguire la didattica in presenza solamente “per coloro che diano dimostrazione di avere concluso il ciclo Ministero dell’Istruzione vaccinale primario o di essere guariti da meno di centoventi giorni oppure di avere effettuato la dose di richiamo […]”.
Non è dato capire le motivazioni della differenziazione per fasce d’età, infatti la distinzione vaccinati e non, concerne solo le scuole secondarie; non è altresì chiaro in che modo sia giustificata dal punto di vista sanitario la differenziazione di provvedimenti attuati per stato vaccinale; da genitori ed educatori, però, risultano chiarissimi, invece, impatto e conseguenze, nonché la malcelata natura discriminatoria di questo provvedimento (inizialmente, come prassi in questi due anni, circoscritto ad una casistica limitata: scuole superiori/ classi con due casi di positività, tuttavia ci aspettiamo estensioni progressive). Una misura che è fuori da ogni senso e buon senso, arrivando in un momento in cui la trasmissione del virus è veicolata in gran parte dai vaccinati e che nei ragazzi l’infezione si manifesta per lo più in forme lievi.
Non sarebbe più sensato, per tutela dei giovani e della loro integrità psico fisica, adottare una misura equa e paritaria per tutti, come sempre fatto fino ad oggi? E in caso di distinzione, non sarebbe piuttosto utile lasciare a casa in DAD i positivi e in presenza i negativi?
E qui arriviamo al vero punto cruciale: da quasi due anni ribadiamo e condanniamo con forza la modalità cosiddetta “mista” o “complementare” per la quale metà studenti restano a casa e metà in classe CONTEMPORANEAMENTE. Questa perversa modalità pseudo sincrona non ha valenza e motivazione fondata dal punto di vista didattico, e può essere praticata solo occasionalmente, in casi di reale e grave necessità in cui non si individuino alternative valide. Essa, infatti, è erroneamente strutturata secondo il setting della lezione frontale, che non può funzionare online come spiegato in diversi nostri interventi e scritti; crea difficoltà ai docenti che non possono seguire in contemporanea due sistemi metodologici e paradigmi didattici diversi; crea difficoltà nei ragazzi, perché seguire una lezione in classe via webcam è a dir poco e improduttivo (per tutta una serie di motivi che non ci è possibile approfondire in questa sede, ma che sono piuttosto palesi); non ultimo, crea enormi problemi ai ragazzi con bisogni speciali (DSA, BES, nonché disabilità di varia natura).
Si poteva anche accettare che una modalità ibrida fosse attuata nell’immediatezza del primo lockdown, come detto poc’anzi, ma che ancora dopo due anni sia praticata è veramente segno di una perseveranza negli errori ottusa e arrogante. Se poi questi errori, già evidenti, denunciati, sottolineati da più parti, vengono addirittura reiterati con il fine di avallare una scelta di chiara natura discriminatoria, pare evidente che chi si cela dietro tali decisioni non stia realmente perseguendo l’interesse dei nostri ragazzi.
Sarebbe bastato attuare per tutti la sospensione delle attività per il periodo di quarantena, come sempre fatto semplicemente perché funzionale dal punto di vista sanitario e didattico (tutti a casa o tutti a scuola, per 10 giorni, non si arreca danno a nessuno). Questo è quanto a gran voce le stesse organizzazioni studentesche e molti docenti e genitori stanno chiedendo negli ultimi giorni, benché il rifiuto della DAD per come è impostata, sarebbe comprensibile, considerando quanto abbiamo poc’anzi posto in evidenza.
Basterebbe, nel caso in cui si volesse o dovesse tenere a casa parte degli studenti (ad esempio quelli positivi) strutturare la didattica nella modalità più corretta, pianificare, elaborare un adeguato percorso di recupero che contempli soprattutto delle attività asincrone (queste sconosciute) piuttosto che seguire in diretta, via webcam, una lezione in classe che non è pensata per essere svolta online (non è attiva, interattiva, ma completamente passiva per chi ne fruisce uno spettatore davanti alla tv). È proprio tale modalità, che si è preteso poi di estendere anche ad interrogazioni e verifiche, che ha alimentato i pregiudizi più forti nei confronti di questa pseudo DAD.
Ricordiamo ancora che se è possibile attuare metodologie didattiche attive, cooperative, innovative a distanza e in presenza, quasi in modo intercambiabile, non è possibile procedere in direzione contraria, cioè pretendere che la didattica tradizionale funzioni anche online (e dovremmo dire che troppo spesso funziona male anche in classe).
Allora, quali sono le ragioni per cui la DAD è stata demonizzata così tanto negli ultimi due anni?
La DAD ha sicuramente reso evidente che non si può restare immobili nell’attuale modello trasmissivo, disciplinarista, rigido, burocratizzato; ha sollevato l’urgenza di rinnovare la scuola con metodologie didattiche innovative, attive, multidisciplinari e crossmediali, che pongano al centro l’apprendimento partecipato e modelli organizzativi flessibili. Che rendano protagonisti gli studenti!
Sarebbe necessario riflettere sul perché, quando il Covid ci ha colpiti di sorpresa, chi era già preparato a gestire una didattica innovativa in presenza ha saputo farlo con ottimi risultati anche a distanza.
Allora, chiediamoci; perché la didattica online è avversata contro ogni buon senso? E qui tocchiamo un problema molto ampio e profondo…
Come è noto fino ad oggi purtroppo, tutte le attività che incoraggiano la collaborazione all’interno della comunità scolastica hanno riscosso scarso successo: sicuramente una didattica che costringe a una revisione del sistema scuola, a sviluppare menti critiche, stimolando un apprendimento attivo, cooperativo, sviluppando l’autonomia nel percorso di apprendimento, è particolarmente invisa, come i fatti negli anni hanno dimostrato, se si osserva il sistematico e inarrestabile declassamento del sistema scolastico italiano…
Ecco allora che, in tale ottica, si chiarisce persino l’utilizzo stesso (errato) del termine Didattica a Distanza, che è poi quella di oltre un secolo praticata tramite servizio postale: in questi anni di pandemia il linguaggio e le terminologie adottate non sono mai state casuali… Perché utilizzare un termine improprio? Perché particolarmente funzionale a sottolineare un concetto chiave di questi anni: distanza, distanziamento, una etichetta che attribuisce una connotazione immediatamente negativa a una modalità di apprendimento e relazione che è, invece, esattamente il contrario.
Ricordiamolo bene: la didattica online, seppure svolta con modalità discutibili, è stata strumento di vicinanza durante l’emergenza, ha consentito il mantenimento dei rapporti e delle relazioni… Ha perfino prodotto il miracolo di intensificare e consolidare la comunicazione, sempre lacunosa, tra scuola e famiglia! Bisogna trarne insegnamento, prendere quello che di buono abbiamo osservato e ripartire da lì per un progetto di rinnovamento della scuola!
Non siamo forse nell’era del virtuale e dei social media, in cui lo spazio reazionale stesso ha perso confini netti e definiti? Non intessiamo rapporti lavorativi, relazioni amicali e sentimentali attraverso la rete? I nostri figli non sono costantemente connessi tra loro, studiando e scambiandosi compiti e idee via internet?
Allora, è chiaro che anche parlare di mancanza di socializzazione è per molti aspetti una ulteriore strumentalizzazione, la socializzazione non può essere circoscritta alla sola presenza fisica (ovviamente questo varia per fasce d’età, lo sappiamo bene che per determinati ordini e gradi la presenza è fondamentale); la socialità può perfino difettare in presenza, non occorre sottolinearlo…
Ben lungi dal sostituire i meccanismi relazionali presenziali, sicuramente il virtuale può diventare uno strumento di potenziamento degli stessi, costruendo e favorendo soprattutto dinamiche di interazione tra tutti gli attori dei percorsi formativi. Potendo costruire veramente una solida comunità educativa (non è utopia, noi l’abbiamo fatto per oltre 15 anni)…
In conclusione, ci preme invitare tutti ad una riflessione, se la didattica online comporta vantaggi indiscutibili, per una scuola disposta a cambiare e diventare una vera comunità educativa che si prefigge di formare cittadini attivi, informati, capaci di assumersi responsabilità per loro stessi e per le loro comunità e se può essere uno strumento valido di inclusione, di supporto, di relazione a potenziamento delle attività in presenza, allora diventa chiaro perché in due anni si sia portata avanti, dai media e dalle istituzioni, una campagna denigratoria. Alla DAD sono state attribuite tutte le colpe connesse a problemi in realtà pregressi, dalla maggiorazione di abbandoni (vogliamo ricordare a chi sostiene certe inesattezze che l’anno 2020/21 si è svolto per lo più in presenza e con la didattica digitale integrata, che non si sa bene cosa sia, adottata nei casi di quarantena), addirittura all’esito delle prove Invalsi.
Per onestà occorre anche ammettere che il pregiudizio (su cui le istituzioni in modo strumentale hanno poi gettato benzina) non è del tutto infondato, nel momento dell’attivazione della DAD, l’impreparazione di docenti, dirigenti, ma persino del ministero ha condotto ad errori gravi: la didattica online è un sistema a sé, con proprie metodologie e iter peculiari, richiede competenze specifiche non solo tecnologiche, su vari piani: comunicazione e nuovi media, metodologie didattiche attive e innovative, sistemi di verifica dell’apprendimento, gestione dell’interazione in modalità sincrona e asincrona, dinamiche relazionali per le communities virtuali didattiche, ecc….
A questo si aggiunga che spesso, per i più piccoli, la DAD è stata un rimbalzo di responsabilità in capo alle famiglie, senza prevedere soluzioni ragionevoli e di supporto alle stesse. Nemmeno in termini economici, nemmeno dopo 2 anni e centinaia di banchi a rotelle inutili che magari, sarebbero stati ben sostituibili da Pc da distribuire secondo politiche BYOD.
A noi pare chiaro il fine di un lavoro ben ordito, volto a demonizzare quella che, soprattutto in questo momento, avrebbe rappresentato per i ragazzi una alternativa, temporanea sì ma sicuramente valida per tamponare i contagi senza necessariamente ricorrere alle vaccinazioni (che fino a poco tempo fa per i minori non erano nemmeno autorizzate). In due anni vi sarebbe stato tutto il tempo di organizzarsi, formare i professionisti della scuola, e praticarla secondo le corrette modalità, non è un sistema nuovo, in Italia esiste dal 2001/02.
Ma chiaramente, se lo scopo è vaccinare tutti, anche ottusamente chi ne ha meno bisogno, allora anche la DAD diventa un nemico da contrastare… salvo nei casi in cui si getta sfacciatamente la maschera e si impone la vaccinazione anche per gli studenti di università telematiche!
Ribadendo ancora che non sosteniamo affatto che il virtuale o l’online siano surrogati del presenziale, nella scuola come nella vita, ma che siano strumenti complementari o supplementari, possiamo fondatamente affermare che la didattica online potrà avere spazio nella scuola solo in un contesto in cui davvero si voglia consentire un cambiamento significativo, radicale, ripensando didattica, sistema di valutazione, gestione, in un’ottica di formare cittadini consapevoli, attivi, responsabili e soprattutto una vera comunità educativa che metta insieme ogni attore del percorso formativo, famiglie, scuola, studenti, con una finalità inclusiva, perché la tecnologia, se subordinata alla didattica e alle persone, se posta al servizio delle stesse, non può che rappresentare un universo prezioso, ricco di potenzialità da esplorare.
Rita Biganzoli
Responsabile Eunomis per la Comunicazione – Esperta di Didattica online