Il 7 novembre scorso, su RAI 3 per la rubrica Che Tempo Fa, va in onda “La lezione di Burioni” sulla terza dose, il cui scopo è, manco a dirlo, convincere la gente, piuttosto renitente alla leva, a farsi ‘sta benedetta terza dose.
Burioni è uno dei campioni del re, acclamato e benvoluto, e mettersi contro di lui è cosa da far tremar le vene e i polsi ma, come Ettore sotto le mura di Troia, sono chiamato allo scontro e mi tocca scendere in campo per difendere tutti i troiani di questo mondo traballante che per me sono semplicemente pazienti, tutti, anche se non li conosco, anche se non sono i “miei” pazienti ma sono medico e la mia missione è chiara e indiscutibile: fare da scudo tra loro, i pazienti, e tutto il resto. Laddove il resto è il mercato con le sue regole, la politica coi suoi disegni, i ricercatori coi loro padroni, la finanza coi suoi appetiti e, infine, i Grandi Architetti coi loro deliri. Dunque suonino le trombe, rullino i tamburi e si dia il via alla tenzone. Tenterò di ribattere colpo su colpo, punto per punto, il mio, ben più illustre di me, antagonista. In grassetto trovate quel che dice Burioni.
Il prof. del San Raffaele inizia la sua lezione spiegandoci che il vaccino è una stimolazione artificiale del sistema immunitario del paziente contro un virus (e non solo aggiungo io) e crea difese per impedire l’infezione o per fare una malattia lieve.
E fin qui ci siamo.
Poi prosegue dicendo che per stimolare il Sistema Immunitario ci sono due strade: la prima è quella di usare un virus attenuato capace di infettare senza dare la malattia o dare una malattia lieve (es. morbillo, parotite, rosolia, varicella). Il virus è comunque vivo e capace di dare un’infezione dunque non si somministra a donne in gravidanza perché potrebbe essere rischioso per il feto e non si somministra a pazienti immunodepressi. Perché un virus “buono” col sano può essere ”cattivo” col malato.
Perfetto.
Poi dice che ci sono altri vaccini concettualmente molto diversi che contengono le proteine del virus, pezzi di virus non replicanti, proteine inerti e cita poliomielite, epatite B, papilloma virus e influenza.
E qui si fa un poco di confusione. Glielo concediamo ma chiariamo: esistono varie tipologie di vaccino, a parte i già citati vaccini ad agente infettivo vivo e attenuato:
vaccini inattivati (come per l’epatite A, la poliomielite e l’antinfluenzale split): prodotti utilizzando virus o batteri uccisi tramite esposizione al calore oppure con sostanze chimiche
vaccini ad antigeni purificati (come per la pertosse acellulare, l’antimeningococco e l’antinfluenzale a sub-unità): prodotti attraverso raffinate tecniche di purificazione delle componenti batteriche o virali
vaccini ad anatossine (come per tetano e difterite): prodotti utilizzando molecole provenienti dall’agente infettivo, non in grado di provocare la malattia ma sufficienti ad attivare le difese immunitarie dell’organismo
vaccini proteici ricombinanti (come per epatite B e meningococco B) cioè prodotti mediante la tecnologia del DNA ricombinante che prevede l’inserimento di materiale genetico codificante l’antigene (una proteina o parte di essa) in microrganismi che produrranno l’antigene; quest’ultimo verrà poi raccolto e purificato. (I vaccini, cosa sono e come funzionano (iss.it))
Come si vede, nella classificazione dell’ISS non trovano posto i vaccini a mRNA e DNA anticovid19 perché, secondo la definizione classica, non sarebbero vaccini in quanto non contengono alcun antigene ma solo un’informazione genica per la produzione di una proteina virale. L’ultima categoria dell’elenco postato poco sopra, a prima vista potrebbe contenere anche questi vaccini anticovid ma solo a prima vista poiché i vaccini a proteina ricombinante usano, sì, informazione genica per produrre la proteina antigene, ma in vitro, non nell’organismo del paziente, e nel vaccino non è presente materiale genico ma solo la proteina prodotta in vitro, purificata e inattivata, dunque l’antigene proprio come tutti i vaccini mentre nei vaccini anticovid non esiste affatto antigene ma l’informazione per farlo produrre dalle cellule umane che però producono la proteina originale non purificata e non inattivata e l’abbondante numero di reazioni avverse anche gravi ne è drammatica testimonianza. Si è calcolato che i vaccini anticovid abbiano fatto più vittime di tutti gli altri vaccini messi insieme negli ultimi 30 anni. Questo dimostra una cosa sola: che tali vaccini sono troppo recenti, mai usati prima e che le nostre conoscenze al riguardo sono inesistenti. Tuttavia abbiamo varato una vaccinazione planetaria contro una malattia dalla letalità prossima a 1%. Perché?
Per poterli fare rientrare nella definizione di vaccino la FDA ha dovuto provvedere a riformulare la definizione e ficcarceli a forza.
Burioni conclude dicendo che sono semplici proteine (e non è vero perché ci sono subunità virali, proteine inattivate e purificate e virus uccisi) usate in tutta sicurezza in gravidanza, negli immunodepressi e nei bambini piccolissimi e perfino prematuri.
E questo è sicuramente vero.
Siccome però danno una risposta meno spiccata dei vaccini a virus attenuato ecco che bisogna sempre fare dei richiami.
Sempre e mai in medicina non esistono.
Dunque bisogna distinguere da vaccino a vaccino, ma gli unici vaccini che richiedono un richiamo decennale sono quelli per difterite, tetano e pertosse.
E’ vero, come dice Burioni, che ci sono vaccini che per ottenere una protezione congrua necessitano di più richiami, ma si sa con precisione quanti e come e non si può estendere questo concetto ai vaccini anticovid di cui non si sa molto e la cui natura è completamente diversa da tutti gli altri, facendo categoria a sé, anche volendoli considerare vaccini.
Burioni dice che il vaccino anticovid è concettualmente nella seconda categoria in cui lui raggruppa confusamente tutti i vaccini che appartengono a quei 4 punti che ho prima elencato. Non è AFFATTO VERO. Concettualmente vuol dire ciò che riguarda il concetto, come è concepito il suo sostanziale, i meccanismi che lo governano e, infine, la sua essenza. Ebbene, è fuor di ogni possibile discussione che i vaccini a mRNA e DNA sono concettualmente diversi da ogni altro vaccino, e lo sono al punto da non poter essere classificati come vaccini se non modificandone la definizione.
Burioni a questo punto dice anche: contengono qualcosa che fa produrre al nostro organismo in tutta sicurezza un pezzo di virus. E dunque non ci deve stupire la terza dose.
E qui di cose da dire ce ne sono:
1) …contengono qualcosa. Va bene generalizzare per il grosso pubblico ma quando il qualcosa è materiale genetico non ci sto, mi puzza di trucchetto dialettico per evitare di dire una verità scomoda e conflittuale: e cioè che è un farmaco genico, ciò che si è negato con tutte le forze. Allora diciamolo chiaro e tondo, che non sbagliamo: contengono materiale genico prodotto da ingegneria genetica e, inoltre, quelli a DNA sono veri e propri OGM.
2) …fa produrre in tutta sicurezza al nostro organismo. Questa è veramente grossa! Sulla base di cosa può affermare in tutta sicurezza? Non certo sulla base di quei tre miseri mesi di sperimentazione clinica. Non certo su quegli stessi studi che, una volta ottenuta l’autorizzazione provvisoria emergenziale si sono chiusi vaccinando i soggetti del gruppo di controllo e annullando la raccolta di quei dati che sarebbero stati necessari per ottenere l’autorizzazione definitiva, non certo dal monitoraggio di appositi gruppi di controllo post vaccinazione di massa per valutare eventi avversi di ogni tipo! Non c’è nulla che sostenga l’affermazione “in tutta sicurezza”!! Quello che comincia ad esserci dopo un anno di inoculazioni su scala mondiale è che gli eventi avversi segnalati per questi vaccini hanno superato il numero di eventi avversi segnalati per tutti gli altri vaccini messi insieme negli ultimi 30 anni. Se questo è sinonimo di tutta sicurezza allora possiamo dire che in altrettanta sicurezza possiamo mangiare una caramella pescata da un vaso pieno di caramelle alcune delle quali sono avvelenate. E nemmeno poche. Perché i rischi sono molteplici, in realtà: sia nella fase di produzione intracellulare in cui non si sa quali altri effetti possa esplicare il materiale genico estraneo e sia nella fase in cui la proteina spike, tossica, invade l’organismo intero producendo danni micro e macro a tutti i livelli.
3) Dunque. Burioni alla fine dice dunque! Il lemma dunque stabilisce un rapporto logico di causa ed effetto che risponde al requisito della necessarietà, dunque una conseguenza obbligatoria. I due termini che Burioni vorrebbe essere collegati da una relazione di causa ed effetto sono:
contengono qualcosa che fa produrre al nostro organismo in tutta sicurezza un pezzo di virus
dunque non ci deve stupire la terza dose.
La relazione causa effetto sarebbe questa: siccome contengono qualcosa non ci deve stupire la terza dose?
O questa: siccome fa produrre in tutta sicurezza al nostro organismo un pezzo di virus, non ci deve stupire la terza dose?
Ma dov’è il rapporto di necessarietà? Non esiste proprio e quindi la relazione di conseguenza non esiste. Dunque possiamo ben stupirci per la terza dose, perché in effetti nessuno può dirci con sicurezza a cosa serva davvero la terza dose e quante dosi serviranno per ottenere l’immunità permanente, e se mai potremo ottenerla. Questa è la verità!
A questo punto Burioni si fa uno scrupolo è si chiede, ma la terza dose serve?
Non può non considerare l’esitazione e la ritrosia della gente nei confronti della terza dose per un paio di motivi almeno: il primo perché dopo aver sperimentato la seconda dose la terza non la vuole proprio provare, e il secondo è che tutti sanno già della quarta e cominciano a pensare che arriverà la quinta e la sesta, e quante altre ancora?
Quindi Burioni previene tutti con una rassicurazione: no panico, i dati sono tranquillizzanti! Però, dice, ci sono dei campanelli di allarme, per esempio ultimamente sono aumentati i casi tra i sanitari (notare la sottigliezza di quell’aumentati: è scontato che ci fossero, ma sono aumentati, però il vaccino funziona!).
Il motivo è semplice dice Burioni, sono molto esposti e poi è passato molto tempo da quando sono stati vaccinati con due dosi. Poi ci sono gli ultraottantenni. Insomma il calo di protezione c’è ma minimo, tanto minimo da essere rassicurante, però cala e noi dobbiamo anticipare il virus. Quindi (e qui la relazione logica di causa-effetto c’è) la terza dose a sei mesi dalla prima a sanitari, fragili e over 60. Devono farla.
Lo dice lui e io sottolineo “devono”, però niente panico, il verbo dovere tende a preoccupare un poco in effetti, uno potrebbe pensare: ma insomma rassicurante però mica tanto.
Ma Burioni incalza: la terza dose è sicura e ripristina ottima protezione.
Ma come sicura, prof? Se abbiamo avuto tutti quegli eventi avversi (e ci risiamo con la storia dei 30 anni) con due dosi come facciamo a pensare che la terza sarà sicura?
Burioni però non lascia il tempo di pensare e va oltre, agli altri, e dice che per gli altri se c’è bisogno si vede e nel caso si fa senza particolari preoccupazioni perché come detto più volte questo vaccino è veramente sicurissimo (parole sue), tanto che sostanzialmente non ha controindicazioni
(qui Burioni forse si fa prendere dall’entusiasmo e si lancia in affermazioni insostenibili e non considera nemmeno più le possibili reazioni allergiche ai componenti del farmaco, possibile che non sappia che non esiste un solo farmaco che non abbia controindicazioni? Lo sa, lo sa, ma ha una missione, convincere, e così le spara un poco grosse. Quella che vi mostro è la tabella che riassume le controindicazioni per i vaccini anticovid elaborata da Assimefac che, avendo rielaborato sinotticamente le circolari ministeriali è inevitabilmente piuttosto favorevole ai vaccino ma ciò nonostante di controindicazioni ne riconosce diverse!
Guida_Compilazione_Esenzione_Covid.pdf (assimefac.it)
Sulla spinta dell’entusiasmo, Burioni arriva ad affermare apoditticamente che non serve a niente misurare gli anticorpi prima della terza dose perché il livello non è correlato alla protezione. Ce ne possono essere molti e prendere la malattia lo stesso e viceversa. Quindi misurare gli anticorpi per decidere se posticipare o evitare la terza dose è una pessima idea. La terza dose DEVE essere fatta a sei mesi dall’ultima per le categorie viste.
A questo proposito ricorro alle linee guida della Società Italiana di Medicina Generale e Cure Primarie (DOSI DI RICHIAMO DEI VACCINI ANTI-COVID-19: I PERCHÉ DEL SI E DEL NO (simg.it) ) in cui al riguardo si dice esattamente il contrario:
VACCINI ANTI-COVID-19: QUELLO CHE NON SI SA E CHE POTREBBE GUIDARE LA DECISIONE SULLE DOSI DI RICHIAMO
Quali sono i correlati immunologici di protezione? – La risposta immunitaria consente di prevedere il grado di protezione contro infezione e malattia; – Il metodo più semplice ed accettato per valutare la durata della protezione e quello di monitorare la cinetica della risposta anticorpale – La risposta immunitaria a dosi di richiamo specifiche per le varianti non è conosciuta Esiste una robusta evidenza (due studi) di correlazione tra il titolo anticorpale neutralizzante che rappresenterebbe il principale, ma non unico, meccanismo di protezione e l’efficacia del vaccino contro la malattia sintomatica. − E’ suggerito il titolo anticorpale di almeno 54 UI/mL come correlato di protezione (pari a 20% del titolo medio di convalescenza da malattia).
D’altra parte, se il titolo anticorpale non assume valore predittivo di protezione, cosa mai potrebbe assumerlo? Si deve dunque pensare che sia inutile valutare il titolo anticorpale perché si è osservato che ci si ammala lo stesso anche da vaccinati e con frequenza assai rilevante e con esiti anche drammatici? Per cui bisogna procedere comunque alla rivaccinazione che, a questo punto, dovrà essere considerata incapace di fornire anticorpi veramente neutralizzanti? Ma se gli anticorpi non sono veramente neutralizzanti a che servirà fare un richiamo di un prodotto che produrrà gli stessi anticorpi? Insomma, se gli anticorpi sono neutralizzanti la loro presenza sarà predittiva di protezione e dunque non servirà il richiamo. Se invece non sono predittivi di protezione perché scarsamente neutralizzanti e dunque incapaci di combattere il virus, che senso avrà la dose di richiamo di anticorpi incapaci?
E infine, se il titolo anticorpale non serve, quali sono i parametri di efficacia utilizzati da EMA grazie ai quali si è potuto procedere all’autorizzazione del vaccino, ancorché in via provvisoria ed emergenziale, da parte di Ema?
Poi, Burioni deve riconoscere che la terza dose è un beneficio per le case farmaceutiche ma per annientarne il peso si lancia in un’argomentazione fantastica: il vaccino costa 19.50 euro mentre un ricovero costa decine di migliaia di euro oltre a dolore, paura e tutto quanto (per il paziente NDR) quindi se volete fare arricchire le case farmaceutiche non vaccinatevi perché per loro sarà meglio!
(Ride furbescamente, si innescano gli applausi).
Quindi i vaccini non fanno guadagnare le case farmaceutiche
(si deve dedurre che le decine e decine di miliardi ottenuti e che si otterranno dalla distribuzione dei vaccini e che hanno convinto la Pfizer ad approntare un nuovo stabilimento, certamente con immani sacrifici economici, per la loro produzione in realtà saranno una disgrazia per le case farmaceutiche poverette! NDR).
La conclusione di Burioni è che i vaccini tengono libero il SSN, fanno risparmiare denaro allo Stato e non fa guadagnare le case farmaceutiche.
Ora, per quanto riguarda il primo punto sappiamo che non è vero perché anche i vaccinati finiscono in ospedale, in terapia intensiva e possono morire. Ma in più in ospedale ci finiscono anche tutti coloro che hanno avuto eventi avversi più o meno gravi e qualcuno ci muore. Ciò che tiene davvero la gente lontana dagli ospedali saranno le terapie domiciliari adeguate e immediate. Anche perché, con questa logica, dovremo pensare ad una vaccinazione semestrale. Ogni sei mesi ci vacciniamo in accordo al principio burioniano che il titolo anticorpale non ha alcun significato.
Prima di chiudere la trasmissione Burioni lancia una raccomandazione. Per chi non ha ancora fatto la prima dose: il vaccino può salvarvi la vita, in un’adeguata circolazione del virus
(cioè se il virus circola in forma tanto virulenta da andare a beccare quei pochi che non hanno fatto né vaccino né malattia. Ma non dovevano essere protetti dall’immunità di gregge? Oramai tra immunità naturale e artificiale saremo ben oltre il 90%!) senza esporvi ad alcun rischio (e non è vero ma ho già contestato abbondantemente).
Fine della trasmissione e fine della lezione.
La sensazione che resta è che non sia stata una lezione ma una nemmeno tanto velata propaganda per sostenere la necessità di fare la terza dose in una situazione in cui c’è una consistente riluttanza a farla anche da parte di quella categoria che fin dall’inizio ha aderito entusiasticamente: gli operatori sanitari. Ma sapete com’è, se è vero che non c’è due senza tre è anche vero che errare humanum est, perseverare diabolicum.
Dr. Silvano Tramonte
Coordinatore Gruppo Medico scientifico EUNOMIS