di Teodoro Sinopoli*
Attraverso l’iscrizione alla piattaforma online di Facebook, l’utente accede ad un servizio di rete che gli consente di entrare in contatto con gli altri utenti, condividendo informazioni e documenti e svolgendo discussioni a mezzo di messaggi pubblici oppure privati.
Le condizioni generali di contratto, che regolano il rapporto tra ciascun utente e Facebook, prevedono che “Facebook crea tecnologie e servizi che consentono agli utenti di connettersi fra di loro, creare community e far crescere aziende. Le presenti Condizioni regolano l’uso di Facebook, Messenger e di altri prodotti, funzioni, app, servizi, tecnologie e software offerti da Facebook”.
Il gestore Facebook provvede a fornire tale servizio all’utente a titolo gratuito, traendo tuttavia vantaggio economico dalle inserzioni pubblicitarie, anche mediante l’utilizzo dei dati personali degli utenti che consentono di offrire ai terzi spazi pubblicitari calibrati sugli specifici interessi dei loro destinatari.
Non può dubitarsi, dunque, che l’utente offra al gestore, con atto negoziale dispositivo, l’autorizzazione a utilizzare i propri dati personali a fini commerciali; sicché, nonostante l’affermata gratuità del servizio, sussiste per entrambi i contraenti il requisito della patrimonialità della prestazione oggetto dell’obbligazione (art. 1174 c.c.).
Ne consegue il carattere evidentemente oneroso del rapporto negoziale, posto che il contratto è fondato su un evidente sinallagma, per cui alla prestazione del servizio da parte del gestore corrisponde il suo interesse ad utilizzare i contenuti, le reti di relazioni e i dati personali dell’utente, a fini di raccolta pubblicitaria.
Ciò detto, il regolamento contrattuale non prevede il diritto del gestore di recedere ad nutum, atteso che il recesso è espressamente previsto soltanto per l’ipotesi di violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente.
A tale proposito, nelle Condizioni d’Uso si legge che: “1) l’utente non può usare i Prodotti per adottare condotte o condividere contenuti: contrari alle Condizioni, agli Standard della community e ad altre condizioni e normative applicabili all’uso di Facebook da parte dell’utente; contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti; contrari o in violazione dei diritti di altri utenti, compresi i loro diritti di proprietà intellettuale. 2) L’utente non può caricare virus o codici dannosi, né fare qualcosa che possa disabilitare, sovraccaricare o impedire il corretto funzionamento o aspetto dei Prodotti di Facebook. 3) L’utente non può accedere o raccogliere dati dai Prodotti di Facebook usando mezzi automatizzati (senza la previa autorizzazione di Facebook) o tentare di accedere a dati a cui l’utente non ha il permesso di accedere”.
È prevista, in particolare, in caso di violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente, una serie di misure rappresentate, in ordine di crescente gravità, dalla rimozione di contenuti alla sospensione dall’utilizzo del servizio e, nei casi più gravi, la disabilitazione dell’account, sia temporanea che definitiva.
Riguardo alle modalità di “irrogazione” delle diverse sanzioni contrattuali, le Condizioni prevedono che “in caso Facebook rimuova contenuti condivisi dall’utente a causa di una violazione degli Standard della community, Facebook informerà l’utente e illustrerà le opzioni a sua disposizione per richiedere una revisione, a meno che l’utente violi in modo serio o ripetuto le presenti Condizioni o nel caso in cui fare ciò esponga Facebook o altri utenti a responsabilità legale, danneggi la community di utenti di Facebook, comprometta o interferisca con l’integrità o il funzionamento di servizi, sistemi o Prodotti di Facebook, siano presenti restrizioni dovute a limiti tecnici oppure sia vietato farlo per motivi legali” e che “Facebook può rimuovere o limitare l’accesso ai propri contenuti, servizi o informazioni, qualora stabilisca che tale azione sia ragionevolmente necessaria a evitare o ridurre conseguenze legali o normative negative su Facebook”.
In conclusione, la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione.
Ne consegue che la rimozione di un profilo personale o di una pagina a esso collegata in carenza di qualsiasi violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente, e in carenza di qualsiasi informazione all’utente delle ragioni della rimozione, configura un inadempimento del gestore, inquadrabile ai sensi dell’art. 1218 c.c..
L’illegittima esclusione dal social network è senz’altro suscettibile di cagionare un danno grave a diritti fondamentali dell’utente; tra questi, un danno alla vita di relazione, alla possibilità di manifestare e/o continuare a manifestare il proprio pensiero e/o le proprie opinioni (financo il cd. diritto di critica) utilizzando la rete dei propri contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente.
Un danno che è da ritenersi liquidabile anche in via equitativa.
La giurisprudenza di merito nazionale si schiera sempre più contro le illegittime pratiche messe in atto da Facebook.
Questi importanti principi, a cautela degli utenti del colosso del web, sono stati finalmente sanciti nell’ordinanza del Tribunale civile di Bologna del 10.03.2021, cui ha fatto seguito, nello stesso senso, la recentissima sentenza del Tribunale civile di Ancona del 15.06.2023.
Leggi il documento: Sentenza del Tribunale Ordinario di Ancona
Avvocato, membro Gruppo giuridico EUNOMIS*