Molti di noi ricorderanno senz’altro la frase attribuita da un noto film all’Imperatore Marco Aurelio: “C’è stato un sogno una volta che era Roma”.
Forse è vero, ma senz’altro parliamo di un tempo ormai lontano.
Oggi il nostro sguardo ed il nostro cuore guarda a Roma con apprensione, attendendo nuove disposizioni che – ammesso e non concesso abbiano per il passato avuto un qualche effetto positivo sull’emergenza che stiamo vivendo ormai da quasi due anni, con certezza hanno determinato un grave vulnus alle nostre libertà costituzionali e ai nostri diritti naturali di uomini, nonché prodotto – crediamo – discriminazioni immotivate (se mai ve ne fossero di motivate) e gravi conseguenze morali e patrimoniali per i cittadini italiani e la comunità tutta.
Ma partiamo dalla piattaforma ideologica che ha reso possibile questo.
Come sappiamo le terapie sperimentali approntate in tempi record dalle note case farmaceutiche per far fronte all’emergenza Covid-19 hanno ottenuto l’autorizzazione alla immissione condizionata in commercio da parte della UE proprio in ragione dell’emergenza in atto e per la dichiarata assenza di altre terapie specifiche. Sappiamo bene, invece, che in luogo della nociva prescrizione tachipirina e vigile attesa, assunta a protocollo dall’OMS e dal Ministero della Salute Italiano, esistevano ed esistono altre possibilità di cura, che sono state, intenzionalmente bandite e addirittura a volte irrise.
E’ evidente, sfrondando il concetto da ogni pregiudizio ideologico, che la sperimentazione effettuata dalle case farmaceutiche ha offerto e offre dati limitati – sui quali oltretutto, con specifico riferimento a Pfizer il British Medical Journal, una delle più importanti riviste medico scientifiche a livello mondiale, ha sollevato interrogativi allarmanti (https://www.bmj.com/content/375/bmj.n2635) – in ragione del ristretto campione di riferimento e del limitato lasso temporale osservato, che porta a non conoscere compiutamente gli effetti a breve, medio e lungo termine, con la conseguenza che necessariamente l’inoculazione del farmaco deve assolutamente essere accompagnata da un’informativa esaustiva e trasparente, idonea a rendere il paziente consapevole dei rischi di possibili ed anche letali effetti avversi, che lo stesso deve essere libero di assumersi, nonché da una attenta valutazione del quadro clinico del soggetto che il medico vaccinatore e/o il medico di base devono responsabilmente monitorare.
Riteniamo che tale approccio non sia stato adottato, e che le terapie realizzate dalle case farmaceutiche, anziché integrare un diritto di cura per i soggetti che desideravano sottoporvisi, si sono rivelate essere un punto d’arrivo sempre meno evitabile grazie ad una legislazione che, sorretta da una comunicazione mainstream troppo spesso univoca e acritica, ha applicato i principi che nel marketing presiedono alla tecnica del funnel per creare una sorta di imbuto che portasse il cittadino a vaccinarsi, passando da un diritto ad un obbligo surrettizio per tutti, ed effettivo per alcune categorie.
Come ben sappiamo con L.28 maggio 2021 n. 76 di conversione del DL 01 aprile 2021 n. 44 è stato introdotto a carico delle categorie del settore sanitario, l’obbligo di vaccinazione, pena la sospensione dal lavoro e dall’albo professionale, violando in tal modo – a nostro avviso – diritti fondamentali dell’individuo; per citarne solo alcuni il diritto al lavoro (art. 1 C.), il diritto alla salute (art. 32 C.).
Parliamo di un obbligo basato non su evidenze scientifiche di immunità, che al limite avrebbero potuto giustificare una simile imposizione nell’ottica di tutelare i pazienti, bensì su dati che portano a ritenere che i sieri sembrano conferire protezione individuale, personale, ed in ogni caso limitata nel tempo.
Ciò è tanto vero che lo stesso lessico adottato dalla narrativa scientifica e della comunicazione è mutato:
la prima oggi parla ormai senz’altro di protezione, e non più di immunizzazione, termine purtroppo ancora caro a parte della stampa e della comunicazione mainstream, poiché protezione è un termine più aderente alla realtà, visto che è comprovato da tempo che anche i soggetti vaccinati possono infettarsi e infettare, e con la stessa (se non addirittura superiore) carica virale di un soggetto non vaccinato.
Che la protezione sia poi un effetto limitato nel tempo, è anch’esso un dato di fatto, rivelato dalla necessità recentemente palesatasi di procedere alla somministrazione di una terza dose (in altri Paesi, ad es. Israele, si ipotizza già anche la quarta), e dalla circostanza che numerosi focolai di contagio si siano sviluppati in comunità sanitarie e gruppi di sole persone vaccinate (Waterford, città irlandese, il caso attualmente più emblematico, con il 99,7% di vaccinati).
Ciò non impedisce a certa carta stampata, a certe vedette televisive, ed anche alle persone comuni, di tacciare d’infamia chi in coscienza e libero arbitrio ha adottato la scelta di non sottoporsi al vaccino.
I nostri governanti tuttavia, oltre a non prendere atto delle evidenze emerse in questi mesi di sperimentazione diffusa, inclusi purtroppo i numerosi eventi avversi manifestatisi che stanno costringendo Pzifer & Co. e gli Enti di vigilanza preposti ad aggiornare continuamente le proprie note informative (i cd. bugiardini), hanno introdotto nuove norme che cronicizzano la violazione dei principi fondamentali dell’uomo, realizzando sistematiche discriminazioni che nulla hanno a che fare con un approccio scientifico, mettendo in campo uno strumento, il Green Pass, che ha determinato uno spartiacque legislativo e sociologico, e che si ritiene, a nostro avviso, illegittimo alla luce tanto dei principi costituzionali e della legislazione europea (in primis l’ormai noto Regolamento Europeo 953/2021), quanto dei trattati internazionali, giungendo surrettiziamente e coattivamente ad imporre un obbligo vaccinale, inesistente a livello legislativo (fatta eccezione per le categorie del personale sanitario) ed in contraddizione con il citato Regolamento europeo che condanna ogni discriminazione nei confronti di chi non può o non vuole aderire alla campagna vaccinale.
La normativa italiana ha intenzionalmente omesso di sancire e garantire il diritto/libertà di scegliere, discostandosi da quella europea, concretizzando una violazione che in uno Stato di diritto dovrebbe poter essere opponibile
Come sappiamo il Green Pass si ottiene o perché ci si è vaccinati (la sua durata in questo caso è attualmente di 12 mesi), o perché si è contratto il Covid-19 (la sua durata è oggi di 6 mesi), o perché ci si è sottoposti a tampone, che ricordiamo è esso stesso un trattamento sanitario (durata di 48 ore se antigenico rapido o di 72 se molecolare), o infine perché si è ottenuta l’esenzione temporanea o definitiva in ragione delle proprie condizioni di salute (cosa che, se non impossibile, è estremamente rara ottenere anche da parte di soggetti che pur hanno un’anamnesi di fragilità o di uno o più gravi patologie, argomento delicatissimo che sarà senz’altro oggetto di un altro articolo).
Prescindendo per un attimo, se possibile, dalla legittimità dello strumento, innumerevoli sono stati gli interrogativi sull’efficacia del medesimo in un’ottica preventiva e di contenimento del contagio, per citarne alcuni: per quale evidenza scientifica la durata del Green Pass di un soggetto che abbia contratto il Covid-19 è di soli 6 mesi rispetto ai 12 del vaccinato, in particolare alla luce delle risultanze scientifiche che attestano che il vaccino perde la sua efficacia progressivamente già a partire dal secondo mese per il siero di J&J o dal quarto per gli altri sieri? Perché alla luce del fatto che un vaccinato è esposto al contagio e può contagiare al pari di un non vaccinato viene esentato dal sottoporsi a tampone periodico? Perché il Green Pass è richiesto per sedersi al ristorante, per visitare un museo, per lavorare, ma non è ad esempio richiesto sui mezzi pubblici, notoriamente strapieni in particolare nelle ore di punta?
Di tutto ciò non vi è alcuna evidenza scientifica o logica, il Green Pass risponde essenzialmente ad una logica premiale e, a nostro parere, ad un preciso obbiettivo politico e di controllo sociale: convincere la maggior parte di persone a vaccinarsi, come ripetuto anche da alcuni virologi molto “televisivi” (Crisanti, Burioni e Bassetti) che non esitano a riferire che esso risponde ad esigenze politiche di cd. “incentivo alla vaccinazione”.
Il Green pass è stato introdotto dal DL 23 luglio 2021 n. 105, convertito in L. n. 126 del 16 settembre 2021 e prevede l’obbligo di esserne dotati fino al 31 dicembre 2021, data in cui l’emergenza epidemiologica nazionale dovrebbe considerarsi conclusa … e sappiamo già che è una chimera, non tanto per il proliferare dei contagi, il cui incremento è oramai preannunciato o descritto dai media, almeno così sembra, secondo le necessità politiche del momento, quanto invece per la strategica importanza di conservazione di uno strumento (la pandemia) per mezzo del quale il nostro Governo ci pare introduca e voglia sempre più introdurre misure di controllo e gestione delle masse da fare rabbrividire Orwell.
Ma forse la transizione ecologica, nuovo filone narrativo globalista, ci “salverà” dal Covid…ma dove ci porterà? Dal Green pass al Green totale?
La citata normativa in particolare subordina al possesso della certificazione verde COVID-19, in corso di validità, ad esempio l’accesso ai servizi di ristorazione al tavolo al chiuso, a spettacoli, eventi e competizioni sportive, ai luoghi della cultura, ai centri sportivi, benessere e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso, e ai concorsi pubblici.
A questo provvedimento sono poi seguiti i DL 6 agosto 2021 n. 111 e 10 settembre 2021 n. 122, convertiti contestualmente nella L. 133/2021, che hanno imposto il Green Pass a chiunque acceda a tutte le strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative (compreso il personale docente e non docente, compresi gli studenti del sistema nazionale universitario).
Questo complesso normativo ha in definitiva operato una ulteriore discriminazione, di fatto escludendo coloro che non ritenevano di sottoporsi a trattamento sanitario dalla vita sociale e culturale del paese, anzi di un paese, di un popolo che ha nel suo DNA la convivialità, la socialità e la cultura (beh, forse questa non a sufficienza).
Il “salto di qualità” di questo strumento è senz’altro rappresentato dal D.L. 127/2021 che ha esteso l’obbligatorietà del Green Pass a tutto il mondo del lavoro, prevedendo a carico del “trasgressore” la sospensione e la perdita dello stipendio, sino a che egli non tornerà nella “legalità”, ovvero esibirà al datore di lavoro il Green Pass.
Ovviamente – sempre in ossequio all’effetto funnel a cui avevamo accennato – il Governo ha stabilito che il dipendente che ha scelto di non vaccinarsi – poiché è legalmente libero di decidere in tal senso – dovrà pagare i tamponi di tasca sua, ed i conti e l’incidenza sul bilancio famigliare son presto fatti se consideriamo che mediamente un lavoratore non vaccinato, se vuole conservare il suo stipendio, deve sottoporsi a 2 o 3 tamponi settimanali ad un prezzo “calmierato”, attualmente di 15 euro per gli adulti o 8 euro per i minori di età (sebbene sia noto che il prezzo di acquisto dei predetti tamponi dal distributore non sia superiore ai 3 euro al pezzo). La vita di queste persone, che nessuna colpa hanno, lo ricordiamo, è scandita dagli appuntamenti presso laboratori e farmacie, ed ancor prima dalla esasperante ricerca della loro disponibilità, davvero non scontata a fronte dell’abnorme aumento di richieste determinato dall’introduzione dell’obbligo da parte del D.L. 127/2021, e da pratiche invasive e talvolta dolorose, aspetti questi che in taluni esponenti dell’intransigenza vaccinale assunta a dogma suscitano incredibilmente ilarità e compiaciuta soddisfazione.
Orbene. EUNOMIS nasce come associazione a difesa dei diritti fondamentali dell’essere umano, con una particolare sensibilità verso i più deboli, e specialmente verso i minori.
Forte di una innovativa sinergia tra il mondo dell’avvocatura ed il settore medico-scientifico, dopo solo un mese di vita associativa, ha già ricevuto centinaia di richieste di aiuto legale da parte di persone che subiscono e hanno subito discriminazione a causa della normativa richiamata ed in genere di quella che potremmo definire proprio “il diritto della pandemia”, di persone che non hanno ottenuto l’esenzione pur ritenendo di averne diritto, di personale medico e sanitario in genere che ha subito la sospensione per rifiuto alla vaccinazione o per timore degli effetti avversi anche su proprie patologie, di personale scolastico sospeso dal lavoro, e di persone o famigliari di persone che hanno subito gravi eventi avversi da vaccino o probabilmente riconducibili al vaccino.
“Bisogna fare tutto il bene possibile, amare la libertà sopra ogni cosa e non tradire mai la verità.” BEETHOVEN
Avv.ti Paola Garini, Giorgia Baldassarri e Marco Falchieri
Membri Gruppo giuridico JUS EUNOMIS